lunedì 19 giugno 2017

Brancaccio, 18 giugno: le mie pagelle
Giu 19, 2017 by mik154 No Comments Posted under: dituttounpo'
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La dico subito, senza perifrasi: non mi sono sentito a casa. Ora, per essere sinceri, fra i presenti al Brancaccio ieri ci si conosce un po’ tutti. Non prendiamoci in giro. Per trovare energie nuove bisogna lavorare quartiere per quartiere, non fare assemblee nazionali. E questo è proprio quello che propongono Falcone e Montanari. Quindi non è un problema di presenti. E’ un problema di clima, della prospettiva politica che si dà a un’assemblea. Ho avuto la sensazione che l’assemblea di ieri avesse come scopo quello di certificare le divisioni a sinistra più che trovare le ragioni (e sono tante) dello stare insieme. E comunque sia, invece del Pippone, questa volta voglio essere sintetico. Le pagelle faranno tanto quotidiano sportivo, ma del resto… oggi è lunedì…
QUELLO CHE MI E’ PIACIUTO. Comunque, proviamo a vederla in positivo.
Mi sono piaciuti gli interventi di Civati (voto 8.5) e Fratoianni (voto 7.5). Il primo perché, secondo me, è quello che in questa fare spinge di più per stare tutti insieme. Il secondo perché, magari a sua insaputa, è la prova sul campo della follia delle attuali divisioni a sinistra. Perché le cose che dice dal punto di vista programmatico sono sovrapponibili, al di là delle sue metafore che possono non piacere, a quello che dice Bersani: equità fiscale, investimenti, welfare universale, lavoro.
Mi sono piaciuti gli interventi di Andrea Costa (voto 9) e Francesca Redavid (voto 9-), perché magari saranno anche società civile e politica insieme, ma si capisce che è gente che con i problemi si confronta ogni giorno. Che la spesa al mercato la fa in prima persona e non ci manda la colf.
Mi sono piaciute le contestazioni a Miguel Gotor, al di là della strumentalità delle stesse. Perché vivaddio in un’assemblea ci si confronta e se non sono d’accordo te lo dico chiaramente. Basta con il servilismo delle filiere. Voto 7,5.
Mi sono piaciute, le conclusioni di Anna Falcone, (le ho viste in streaming perché all’una e mezzo mi sono arreso e sono uscito) perché è stata capace di riannodare i fili di una discussione complessa e appena agli inizi. E perché ha una immagine che fa trasparire una certa distanza dalla politica politicante. E allora si emoziona, si arrabbia, si sente passione, al di là delle ingenuità. Ora deve dare corso a quanto annunciato: ricostruire una comunità dal basso. Al lavoro. Voto 7.
Massimo D’Alema. Arriva prima degli altri, si mette a sedere e ascolta. Magari avrà anche sbuffato alla critiche (insistite e irritanti) di Montanari. Avrà anche avuto la tentazione di intervenire e di dirgli: “Sì, avremo anche sbagliato, ma è facile salire in cattedra dopo”. Però ha resistito alla tentazione. Bene, bravo. Uno che all’unità della sinistra ci tiene davvero e quindi capisce quando bisogna ascoltare. Voto 8.
COSA NON MI E’ PIACIUTO.
Intanto l’introduzione di Tomaso Montanari. Deludente, troppo rivolta al passato remoto. Con giudizi sommari sulle esperienza di governo dell’Ulivo. Il centrosinistra non è morto perché Prodi ha sbagliato. E’ morto perché la sconfitta del 2013 rappresenta uno spartiacque definitivo. E anche questo giudizio sul Pd “ormai di destra”: si cerca l’applauso facile, da uno studioso ci si sarebbe aspettata un’analisi meno da bar sport. E poi, professo’: e mica va bene dire, voi avete sempre sbagliato tutto, ma premetto che io non mi candido. Eh no, caro Montanari non si fa così. Ci si candida e si capisce quanto consenso si riesce a raccogliere. Girotondino in ritardo. Rimandato a settembre: voto 5.
L’assenza di Giuliano Pisapia. Ora, dire “non ci sono le condizioni per la mia presenza” è una cazzata epocale. Che hai paura dei fischi? E saresti un leader? Ora, caro Pisapia: da mesi si parla di te come di possibile federatore del centrosinistra. Hai lavorato per Sala a Milano, hai votato Sì al referendum. Me lo ricordo bene, ma ci passo anche sopra. Il problema è che ancora non ho capito come la pensi sui temi sollevati da Bersani, Fratoianni, Civati e tanti altri. Non ho sentito un tuo giudizio su questi anni di governo Renzi. Ci mandi a dire che dobbiamo scioglierci al tuo cospetto. E se ci piaceva il vate incontestabile restavamo nel Pd. No, compagno Pisapia: vieni, ti becchi i fischi, ma ci spieghi, una volta per tutte cosa vuoi fare da grande. Voto 4.
L’intervento di Miguel Gotor. C’è chi i fischi li evita e chi li cerca. Tutto bene il suo ragionamento, tutto bene il suo appello all’unità,bene i temi di discussione indicati. Ma se inviti quelli che sono stati appena sfanculati da Pisapia a partecipare alla sua iniziativa il minimo è che ti fischiano. Il sospetto è che, essendo un ragazzetto sveglio, quelle contestazioni tu le abbia proprio cercate, anche attraverso il ripetere più volte “Insieme”, ovvero il presunto nome della formazione politica dell’avvocato milanese. Voto 5.
L’organizzazione. Ora, non era tanto difficile capire che il Brancaccio si sarebbe riempito. E poi che palle i teatri, con la direzione che teme multe anche per un peto di troppo. Ricominciamo a riunirci in spazi diversi: chiediamo all’università, altrimenti affittiamo il palazzetto dello sport, vediamoci in un parco, magari all’ombra. E poi non puoi dire: chi esce non può rientrare: io sono arrivato alle nove meno dieci. E all’una e mezzo un’insalata e un caffè li devo assumere. Altrimenti gli elettori non si attraggono, si eliminano. Si vede che non ci sono più i partiti, anche da queste ingenuità. Voto 4.
I giornalisti. Ora, non so quanti sono stati gli accrediti, a occhio, c’erano decine di fotografi, cineoperatori e giornalisti. Risultato: zero servizi sui tg nazionali, poche righe sui siti principali di informazione e sui quotidiani. Tanto spazi alle contestazioni a Gotor, poco al senso politico dell’iniziativa. E allora, cari colleghi, non ve ne potevate stare a casa? Magari così qualche altra decina di posti la rimediavamo. Voto 3.
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NOTA MIA
onesto resoconto pessima prognosi. Per nostra natura a sinistra siamo stati sempre divisi, battaglieri ma fra noi. Io, ogni sera, litigo con la mia coetanea Tina. Una vita politica passata insieme; una militanza sindacale tutta in profondo rosso immarciscibile, una coreacea onestà di mente e di cuore che ci è costata, tanto, troppo. Eppure ora ci troviamo in antistesi permanente. Lei con i suoi irriducibili valori del millennio scorso, io propenso a capire il nuovo millennio, a mio avviso in mirabile palingenesi. Per me non hanno più senso costituzione, art.1, "... quello che dice Bersani: equità fiscale, investimenti, welfare universale, lavoro.". Un solo politico di Sinistra mi ha convinto: D'Alema; una sola sua frase è progettuale, veramente di sinistra: "questa non è crisi di sistema ma crisi di liquidità". Risolvere questa crisi è impellente, ma aggiungo: se così, soluzione a portata di mano. E un solo uomo allo stato ne è capace, appunto Massimo D'Alema. Stringiamoci attorno a lui e vadano a quel paese tutti codesti ciarlieri teorici del nulla, maschi o femmine che siano. Calogero Taverna

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