domenica 26 febbraio 2017

il questore Messana e Pietro Ingrao

Ormai son più di tre anni che ci siamo incaponiti nella ricerca della verità storica di questo grande personaggio racalmutese Ettore Giuseppe Tancredi messana , su quello che fu capo della polizia siciliana nel biennio maggio 1945 luglio 1947.

 

Messana restò impigliato nella strage di Portella della Ginestra.  Sono arrivato alla conclusione inconfutabile che nessuna responsabilità PENALE  ebbe Messana in quella infame vicenda.

 

Le tante inchieste giudiziarie e parlamentar non lo coinvolgono  per niente.

 

Solo Girolamo Li Causi  si produsse in una feroce triplice calunnia contro il nostro Racalmutese.

 

Sono tre anni che mi chiedo perché e di certo delle buone spiegazioni me le do.

 

Direi che tra il rampante giornalista Li Causi e l'arcigno Questore Messana  non può dirsi che sia corso cattivo sangue   dal maggio 1945  al febbraio 1946. Semmai vi era rispettosa frequentazione del Li Causi come emerge da suo stesso diario inedito.

 

Messana oltretutto non era di accesi sentimenti  anticomunisti, semmai - cosa strana - provava disagio verso le espressioni politiche monarchiche siciliane come emerge dalla documentazione in atti presso l'A.C. di Stato.

 

Vi fu l'efferato delitto di Accursio Miraglia in quel di Sciacca nel febbraio 1946. Tra Li Causi e Messana vi fu una diversità di opinioni. Con fondamento , secondo me, il Messana reputò quel delitto una faida all'interno della stessa aria comunista. Tanto non fu ben digerito da Li Causi e da lì un crescendo di avversione che esplose nel fazioso e infondato je accuse di Li Causi il 15 luglio 1947 presso le aule della Costituente.

 

In quella veemente esplosione retorica Li Causi arriva a questo passaggio che mi inquieta tutt'ora. Il bandito Giuliano non autore della strage, persino filo comunista.

 
Questo il passo inquietante del Li Causi:  "La mattina del 22 giugno (la sera, poi, si hanno le aggressioni alle sedi del Partito comunista di Monreale, ecc.) avvenne un colpo di scena sui giornali: si faceva conoscere che gli autori della strage di Pian della Ginestra non erano quelli che erano stati indiziati dal pastore X o dal pastore Y, ma il bandito Giuliano in persona; che l'Ispettore di pubblica sicurezza era in intimi contatti con il luogotenente di Giuliano. Quindi l'autore della strage di Pian della Ginestra sarebbe il bandito Giuliano. Poi, al Giuliano si fa fare un programma (tenete presente che Giuliano ha fatto appena la quinta elementare) che è stato pubblicato ed in cui egli appare come il difensore della moralità, della proprietà, e di tutto quello che c'è di santo nella vita della Sicilia, contro il bolscevismo. È la prima volta che Giuliano, nella sua carriera di bandito, prende apertamente posizione per difendere la Sicilia dal bolscevismo. Ma c'è di più. Nella zona dove egli è nato e nella zona dove ha trovato maggiori consensi, nel senso che ha arruolato dei banditi durante il periodo più acuto della lotta sociale, cioè il periodo della lotta per l'assegnazione delle terre incolte, Giuliano non ha mai operato contro i proprietari a favore dei contadini o contro i contadini a favore dei proprietari, ma si è mantenuto neutrale. Improvvisamente Giuliano diventa l'esecutore materiale della strage di Pian delle Ginestre, tesi questa carissima all'Ispettore Messana, se è vero che, in mia presenza, il primo maggio alle ore 16, in Prefettura (quando per la prima volta trovammo riuniti il Prefetto, l'Ispettore Messana, il Comandante dei carabinieri, il Segretario generale dell'Alto Commissariato, l'Ispettore generale presso l'Alto Commissariato ed altri ufficiali) è il solo Messana ad avanzare l'ipotesi che a Pian delle Ginestre ci fosse la mano di Giuliano. Ed è lo stesso Messana, attraverso i suoi carabinieri che, quando i pastori di San Giuseppe Jato riconoscono alcuni, che hanno preso parte alla strage di Pian delle Ginestre - e che ancora sono dentro - manda un brigadiere a chiamare la madre di uno di costoro perché confessi che a suo figlio o a lei stessa sono stati dati dei soldi dai comunisti, e in tal modo venga incolpato il tale dei tali, che non c'entra affatto nella strage di Pian delle Ginestre. C'è di più: in quei giorni, sia l'Ispettore di pubblica sicurezza, sia il Comando dei carabinieri, sia la Questura di Palermo rendono noto (anche attraverso circolare) che Giuliano sta preparando delle aggressioni contro le sedi e gli uomini dei partiti di sinistra. Si soggiunge poi a voce: "Badate che la nostra vita è in pericolo". Ci accorgiamo di trovarci di fronte a tutta un'azione, la quale vorrebbe localizzare l'esplosione e la responsabilità dei misfatti avvenuti in Sicilia, attorno a questo mito evanescente, a questo personaggio che si chiama Giuliano, per dire: "Tutto il resto non c'entra. Che c'entra la mafia? Tutti galantuomini! Che cosa c'entrano i partiti politici? È impensabile che ci possano essere degli uomini nei vari partiti politici che possano essere individuati come responsabili di sì orrendi misfatti". Si cerca di creare intorno a noi una psicosi di paura, aggiungendo che la polizia ci proteggerà, e che sarà fatta tutta un'azione in comune perché Giuliano sia preso. Ma, scusate, perché Giuliano finora non è stato preso? "

Sfrondiamo dalle digressioni e dalle allusioni: per Li Causi - ci pare di poter dire - "Giuliano non ha mai operato ..... o contro i contadini a favore dei proprietari, ma si è mantenuto neutrale."

Diamogli la tessera del PCI.

Cosa invece aveva scritto Pietro Ingrao?

 
Articolo da L'Unità del 24 Giugno 1947

LE FORZE DEL DISORDINE
di Pietro Ingrao

Ad un mese e mezzo dalla strage di Piana de' Greci, la reazioneN siciliana ha scatenato nell'isola un'altra tragica giornata di lutti e di sangue. Sei località hanno visto criminali attentati contro gli uomini e l e sedi delle organizzazioni democratiche.
I mitra hanno sgranato il loro sinistro messaggio accompagnati dalle bottiglie incendiarie. Un ordigno esplosivo ha minacciato di far saltare in aria la più grande centrale elettrica della zona di Palermo.
Colpiti a tradimento sette lavoratori son caduti nelle strade di Partinico, di San Giuseppe Iato, di Monreale. Uno ha cessato di vivere, cinque versano in pericolo di vita.
La commozione del popolo italiano dinanzi a fatti cosi truci e gravi è grande. Più grande ancora è la collera. Al popolo italiano non può bastare oggi la protesta o la manifestazione di cordoglio: non possono bastare parole e promesse. Il popolo questa volta vuole pronta giustizia, vuole sapere presto che i responsabili sono stati acciuffati e che presto seguirè la condanna. E non ci vuole molto perchè al popolo sia data questa legittima soddisfazione.
Il foglio che rappresenta gli interessi della reazione isolana, il , 20 ore prima degli attentati, aveva lanciato la clamorosa , secondo cui l'autore della strage di Piana de' Greci sarebbe stato il bandito Giuliano. Nella notte degli attentati le v i e di Palermo sono state tappezzate di manifestini che portavano la firma di Giuliano e che dichiaravano la guerra al comunismo. I giornali reazionari della Capitale, ieri, hanno ripetuto in un sol coro che la responsabilità dei fatti risalivasenza dubbio al bandito Giuliano.
La manovra di masceratura è così maldestra da fissare senza equivoci il carattere della strage e le responsabilità dei complici e favoreggiatori. Chi ha lanciato 20 ore prima la cortina fumogena intitolata a Giuliano evidentemente doveva sapere qualcosa dei fatti che ci sarebbero stati nella notte. Chi ha organizzato la puerile messa in scena dei manifestini a firma Giuliano ha fornito un'altra prova che i fatti siciliani di domenica avevano dietro una organizzazione ampia e ramificata. Chi ha accreditato la nella stampa della Capitale, e perfino in altissimi ambienti dell'apparato statale, ha indicato in modo preciso la rete dei favoreggiamenti e delle complicità.
Del resto, importa gran che sapere se sia stato o no Giuliano l'esecutore materiale dei crimini?
Sappiamo bene che la reazione siciliana ha influenza e danaro per disporre di quanti Giuliano essa vuole, piccoli o grandi. Sappiamo che non basta più oggi individuare gli esecutori materiali dei delitti, se non si colpiscono i mandanti e i favoreggiatori, se non si spazza via il clima di omertà e di intimidazione in cui i delitti si sviluppano.
La realtà che importa è un'altra. La realtà è che gli eccidi e gli attentati di domenica in Sicilia rispondono ad un piano; e il piano ha uno scopo politico palese, dichiarato: colpire al cuore l e organizzazioni democratiche e il popolo siciliano, arrestarne la pacifica avanzata, creare nell'Isola le basi per una controffensiva di tipo fascista. Battute sul terreno della libera consultazione elettorale, le forze reazionarie siciliane, si pongono chiaramente sul terreno delle aggressio squadriste, scatenano gli elementi più loschi della malavita locale, passano a veri e propri tentativi in grande stile di provocazione e di intimidazione.
Questo ha un solo nome: fascismo. Questo ha un solo marchio: la testa di morto delle squadre d'azione.
E' nel  diritto del popolo italiano di esigere che il germe sia soffocato prima. E' nel diritto del popolo italiano di chiedere che i responsabili siano messi con le spalle al
muro.
Le aggressioni fasciste di Sicilia sono cadute in un momento particolarmente significativo: appena un giorno dopo che era stato varato alla Costituente, sulla base di una equivoca e torbida maggioranza, il quarto governo De Gasperi. Non è dubbio che i gruppi, più retrivi della nazione hanno mostrato di intender subito le speranze che loro apriva il cancellierato. Non vi è dubbio che esse hanno ritenuto possibile, per loro, una volta varato un governo che escludeva i lavoratori, di alzare la testa. E sono venuti i primi frutti: i fatti sanguinosi di Sicilia.
Sabato l'on. De Gasperi si era vantato di aver posto una barriera fra le forze dell'ordine e quelle del disordine. Ebbene sono queste le forze dell'ordine di cui egli parlarlava? I criminali della mafia, gli specialisti delle aggressioni a tradimento, gli assassini delle donne e dei bambini? E'questo che egli promette all'Italia: l'ordìne dei mitra, delle bombe a mano, degli ordigni esplosivi? La verità è che l'on De Gasperi con il suo colpo di mano antidemocratico non ha opposto nessuna barriera, ma ha aperto un varco alle forze del disordine. La verità è che la responsabilità dei fatti di Sicilia non può oggi più limitarsi ai baroni, ai latifondisti, ai capi mafia, ma investe coloro che fino ad oggi ai baroni e ai latifondisti hanno fatto scudo, e ai capi mafia hanno assicurato l'impunità.
L'on. Scelba per esempio. Il quale può vantare il triste titolo di aver fatto morire l'inchiesta di Piana de' Greci, di aver occultato le responsabilità dell'eccidio accreditando la tesi che Piana de' Greci fosse un normale fatto di cronaca nera (più o meno la Noi denunciamo alla nazione la parte di responsabilità che dell'offensiva fascista siciliana questo governo e questi uomini portano sulle loro spalle. I fatti di Partinico, di S. Giuseppe Iato, dì Monreale li accusano. E' tempo che essi facciano l'esame di coscienza, se vogliono risparmiare nuove sciagure all'Italia. Ed è tempo che i pericoli di una tale situazione siano pesati in tutta la loro serietà dalle forze democratiche e repubblicane.
La questione aperta dai fatti siciliani non finisce allo Stretto, ma investe tutta l'Italia.
Siano vigilanti i lavoratori, i democratici, i cittadini onesti di tutto il Paese; siano vigilanti e più che mai uniti. Nessuno si faccia illusioni: attraverso la breccia siciliana si tenta di portare il colpo alla democrazia nel suo complesso; dietro le salme dei lavoratori siciliani assassinati c'è una minaccia per tutti gli italiani amanti della libertà, comunisti e repubblicani, socialisti e democratici cristiani.
L'interesse della nazione e della democrazia vuole che l'offensiva fascista in Sicilia sia stroncata in modo esemplare e decisivo. Se così non fosse, se il governo cancellieresco volesse aggravare le sue responsabilità già pesanti, se De Gasperi o Scelba scegliessero ancora il compromesso o la connivenza con le forze organizzatrici delle stragi fasciste, non vi è dubbio che dinanzi alle forze sane del paese si aprirebbe un nuovo e grave problema politico.
 
 

Li Causi veniva addirittura a contrastare con Pietro Ingrao che sull'Unità aveva scritto che quella strage era tutta di matrice anticomunista i cui mandanti erano i FASCISTI. E se pensiamo al ruolo di Valerio Borghese Junio e dei duecento scherani di Pavolini passati poi  agli ordini degli americani  e al ruolo dell'OSS  con le modalità che lo storico Tranfaglia ci pare bene individuare, la tesi ingraiana era tutt'altro che peregrina.  

 Noi ci soffermiamo su questi passaggi del fondo di Ingrao:

" Noi denunciamo alla nazione la parte di responsabilità che dell'offensiva fascista siciliana questo governo e questi uomini portano sulle loro spalle."

"L'interesse della nazione e della democrazia vuole che l'offensiva fascista in Sicilia sia stroncata in modo esemplare e decisivo."

 

"se De Gasperi o Scelba scegliessero ancora il compromesso o la connivenza con le forze organizzatrici delle stragi fasciste, non vi è dubbio che dinanzi alle forze sane del paese si aprirebbe un nuovo e grave problema politico.

 

"Se De Gasperi o Scelba scegliessero ancora il compromesso o la connivenza con le forze organizzatrici delle stragi fasciste, non vi è dubbio che dinanzi alle forze sane del paese si aprirebbe un nuovo e grave problema politico."

 

Tra il rigore e la sapienza di un Ingrao che semmai chiama in causa De Gasperi e Scelba e il livore e la superficialità astiosa di un giornalista alla  Li Causi che vorrebbe capo del banditismo siciliano il Messana e farne addirittura il mandante delle stragi dell'estate del '47 in Sicilia, avvalendosi di un equivoco 'capo banda' a nome Ferreri o Fra Diavolo che dir si voglia, il sorriso beffardo su Li Causi è ineludibile.    

Noi a suo tempo abbiamo pubblicato nel nostro blog CONTRA OMNIA RACALMUTO un profilo asettico sul Li Causi che riscuote ancora un certo successo. Ovvio oggi il nostro giudizio è meno asettico e senza dubbio ostile. Amiamo la verità ad onta delle nostre  stesse idee politiche, certo più omologhe  a quelle professate dal Li Causi che a quelle, se mai ne abbia avute, ma sicuramente conservatrici, di Messana

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sabato 15 febbraio 2014


Li Causi, chi era l'on. Girolamo Li Causi. Ci imbattiamo in codesto grande comunista in queste nostre attuali ricerche sulla massiccia figura del questore Messana. Se amiamo la verità, necessita una indagine a trecentosessanta gradi ormai con spirito storico, distaccato, per quanto possibile avalutativo. Come vedremo Casarrubea si appoggia a Li Causa per infangare Messana. Ne vedremo a suo tempo le distorsioni persino calunniatrici

Li Causi, chi era l'on. Girolamo Li Causi. Ci imbattiamo in codesto grande comunista  in queste nostre attuali ricerche sulla massiccia figura del questore Messana. Se amiamo la verità, necessita  una indagine a trecentosessanta gradi ormai con spirito storico, distaccato, per quanto possibile avalutativo. Come vedremo Casarrubea si appoggia a Li Causa per infangare Messana. Ne vedremo a suo tempo le distorsioni persino calunniatrici.
 
 
 
Girolamo Li Causi
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
 
 
sen. Girolamo Li Causi
 
Bandiera italiana
 Parlamento italiano
Senato della Repubblica
 
GirolamoLiCausi.jpg
 
Luogo nascita
Termini Imerese
Data nascita
1º gennaio 1896
Luogo morte
Palermo
Data morte
14 aprile 1977
Titolo di studio
Laurea in scienze economiche
Professione
Pubblicista
Partito
PCI
Legislatura
I, V
Gruppo
Comunista
Incarichi parlamentari
Vicepresidente della commissione speciale pdl enti locali regione siciliana dal 9 marzo 1950 al 24 giugno 1953
Vicepresidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della "mafia" dal 13 novembre 1968 al 24 maggio 1972

Pagina istituzionale

on. Girolamo Li Causi
 
Bandiera italiana
 Parlamento italiano
Camera dei deputati
 
Legislatura
II, III, IV
Gruppo
Comunista
Collegio
Palermo
Incarichi parlamentari
Vicepresidente della Commissione Speciale Per L'esame Del Disegno Di Legge N.1: "Autorizzazione All'esercizio Provvisorio Del Bilancio Per L'anno Finanziario 1953-1954" dal 25 giugno 1953 all'11 giugno 1958
Vicepresidente della Giunta Per I Trattati Di Commercio E La Legislazione Doganale dal 6 ottobre 1953 all'11 giugno 1958
Vicepresidente della Camera dei Deputati dal 12 giugno 1958 al 15 maggio 1963
Vicepresidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia dal 5 giugno 1963 al 4 giugno 1968

Pagina istituzionale

on. Girolamo Li Causi
 
Bandiera italiana
 Assemblea costituente
 
Collegio
Unico Nazionale
Pagina istituzionale
« Perché avete fatto uccidere Giuliano? Perché avete turato questa bocca? La risposta è unica: l'avete turata perché Giuliano avrebbe potuto ripetere le ragioni per le quali Scelba lo ha fatto uccidere. Ora aspettiamo che le raccontino gli uomini politici, e verrà il tempo che le racconteranno. »
(Girolamo Li Causi. Intervento alla Camera dei deputati nella seduta del 26 ottobre 1951[1])
Girolamo Li Causi (Termini Imerese, 1º gennaio 1896 – Palermo, 14 aprile 1977) è stato un politico italiano. È stato il primo segretario del PCI siciliano.
 
Indice  [nascondi]
1 Biografia 1.1 Incarichi istituzionali
1.2 Portella della Ginestra 1.2.1 Documenti

2 Note
3 Bibliografia
4 Collegamenti esterni

Biografia[modifica sorgente]
Già dirigente socialista, aderì al Partito Comunista d'Italia nel 1924. Nel 1926 fu per alcuni mesi direttore de L'Unità. Nel 1928 venne arrestato per la sua attività antifascista e condannato a 21 anni di carcere.
Liberato nell'estate del 1943, diventò partigiano ed entrò nel CLNAI. Venne quindi rimandato nella natia Sicilia per organizzare la presenza del Partito Comunista, di cui divenne il primo segretario regionale. Il forte impegno politico contro la mafia caratterizzò subito la sua azione e per questo 16 settembre 1944 fu vittima di un attentato da parte di un gruppo di mafiosi guidato da Calogero Vizzini. In tale occasione, in cui vennero ferite 14 persone, Li Causi venne attaccato durante un comizio in cui stava intervenendo insieme a Gino Cardamone e Michele Pantaleone a Villalba[2].
Incarichi istituzionali[modifica sorgente]
Nel 1946 venne eletto deputato nell'Assemblea Costituente. Fu eletto per la Prima volta in Parlamento nel 1948 e, attraverso varie legislature, ricoprì la carica di Deputato e quella di Senatore. Fu vicepresidente della prima Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso.
Portella della Ginestra[modifica sorgente]
« Gli obiettivi immediati delle forze alleate in Sicilia furono dunque: a) mantenere l'ordine conservando nello stesso tempo buoni rapporti con la popolazione; b) ripristinare un tessuto sociale affidabile e conforme agli interessi anglo-americani, come si venivano delineando nel quadro strategico internazionale; c) stroncare le forze di sinistra prima di un loro troppo profondo radicamento sociale. »
(Nicola Tranfaglia in "Come nasce la Repubblica", pagine fra 91 e 98)
Li Causi fu probabilmente l’uomo politico più direttamente impegnato sulla strage di Portella della Ginestra: la denunciò all’opinione pubblica e ne seguì gli sviluppi, individuandone la principale causa nella vittoria, alle elezioni regionali, dell’alleanza elettorale di sinistra in un contesto di scontro tra il separatismo isolano e il movimento contadino che chiedeva l’applicazione della riforma agraria. Li Causi indirizzò inoltre durissime accuse anche alle forze di polizia, denunciando i loro legami con mafiosi e saparatisti, e al ministro Mario Scelba, più volte accusato di essere direttamente implicato nella vicenda.
Documenti[modifica sorgente]
Il 10 maggio 1950, durante la sua deposizione istruttoria, Girolamo Li Causi presentò alcuni significativi documenti. Venne esibita per prima una lettera mandata da Salvatore Giuliano all'Unità con richiesta di pubblicazione. Il timbro fa risalire la missiva al 2 ottobre 1948. Fra gli stralci di interesse investigativo si trova questo: "[...] oggi potrei mostrare una lettera che un amico intimo del signor Scelba, proprio alla vigilia delle elezioni, mi mandò e conteneva la promessa [...]".
Il secondo documento presentato, era una missiva autografa di Giuliano che rispondeva al comizio dello stesso Li Causi tenuto a Portella della Ginestra i 1º maggio 1949, quando venne scoperta la lapide dedicata alle vittime. In questo discorso che fece scalpore all'epoca, Li causi chiese direttamente a Giuliano di far i nomi dei mandanti della strage e nella lettera esibita Giuliano rispondeva: "I nomi possono farli coloro che tengono la faccia di bronzo, ma non un uomo [...]".
Li Causi esibì infine una terza lettera autografa di Giuliano, già pubblicata dall'Unità il 30 aprile 1950, in cui il malvivente minacciava senza mezzi termini Mario Scelba in riferimento al suo luogotenente Gaspare Pisciotta, in odore di tradimento.
« Il Giuliano allora si è avvicinato a me chiedendomi dove fosse mio fratello. Ho risposto che si trovava in paese con un foruncolo. Egli allora mi ha detto: 'E' venuta la nostra liberazione'. Io ho chiesto: -E qual è?- Ed egli di rimando mi disse: 'Bisogna fare un'azione contro i comunisti: bisogna andare a sparare contro di loro, il 1º maggio a Portella della Ginestra. Io ho risposto dicendo che era un'azione indegna, trattandosi di una festa popolare alla quale avrebbero preso parte donne e bambini ed aggiunsi: 'Non devi prendertela contro le donne ed i bambini, devi prendertela contro Li Causi e gli altri capoccia. »
(Dichiarazione di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Salvatore Giuliano)
Tutte queste lettere, unitamente alla deposizione di Pisciotta in cui lo stesso sostiene la presenza di una corrispondenza tra Giuliano e il Ministro Mario Scelba (latore un deputato amico), non fornirono, secondo gli investigatori, riscontri oggettivi al proseguimento delle indagini in direzione di un intreccio destabilizzante fra Salvatore Giuliano e segmenti dell'ambiente politico. [1]
Note[modifica sorgente]
1.^ at Leinchieste.com
2.^ dai fatti raccontati da Alfio Caruso nel libro Turiddu il postelegrafonico
Bibliografia[modifica sorgente]
Girolamo Li Causi, "Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944-1960", a cura di Davide Romano presentazione di Italo Tripi e della prefazione di Oliviero Diliberto Edizioni La Zisa, 2009.
Francesco Petrotta, Portella della Ginestra. La ricerca della verità, Ediesse 2007, ISBN 978-88-230-1201-1
Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino, Tango Connection, Bompiani
Carlo Ruta, Giuliano e lo Stato. Documenti e testimonianze sul primo intrigo della repubblica, Edi.bi.si., Messina 2002
Collegamenti esterni[modifica sorgente]
Lo sbarco Alleato ed il riemergere della mafia
Portella della Ginestra Intervento di Girolamo Li Causi all'Assemblea Costituente, seduta del 15 luglio 1947.
Mafia e banditismo Estratto da un documento del 18 settembre 1948, conservato presso l'Archivio Istituto Gramsci Siciliano, fondo "Girolamo Li Causi"

Il Filo Nero a cura di Vincenzo Vasile
Documenti statunitensi e italiani sulla Banda Giuliano, la X Mas e il neofascismo in Sicilia (1944 – 1947) a cura di Giuseppe Casarrubea
 
 

 



 

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