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La Cernigoi, poco abile giornalista, incappa in due grosse topiche. Non capisce l'insulsaggine iugoslava di Tito che finita la guerra credette di potere criminalizzare tutta la classe dirigente e militare italiana passata per Lubiana. Di Ettore Messana non sanno neppure il nome. Le accuse sono talmente fasulle che a Roma neppure le degnano di uno sguardo. A Roma hanno la documentazione ampia e circostanziata delle gravi difficoltà e incomprensioni di cui fu vittima il Messana. Assolutamente non luogo a procedere. Li Causi a Roma vi gira attorno ma sa di non potere dimostrare nulla e usa astuzia leguleia per dire e non dire.
La seconda grossa topica della Cernigoi è quella di non sapere leggere la vicenda triestina di Messana. Quel pamphlet di Ricciardelli, che peraltro investe solo il drammatico periodo di Messana a Trieste, dopo la giubilazione per non avere l'animo del fascista in quel di Lubiama (tutto l'opposto di quello che la Cernigoi andava insolentendo), nient'altro è che una infame vendetta di codesto Ricciardelli già addetto alla famigerata sezione "politica fascista ", Costui era stato oggetto di una sfortunata operazione di polizia volta a carcerare i gerarchi fascisti triestini che il Messana aveva tentato d' accordo con il Capo della Polizia Senise. In un libro memoriale del Senise la vicenda è bene sviscerata e là il Messana appare come un integerrimo funzionario poco propenso a compromettersi con il fascismo specie quello della RSI.
La Cernigoi forni quelle sue due patacche al Casarrubea che preso dal suo noto furore persecutorio contro il Messana si avventura in gravi giudizi di valore giustificandoli con la fallace documentazione della stessa Cernigoi. Alla fine della sua vita, anche per condanne processuali, Cesarrubea attenua il suo livore e abbandona la Cernigoi al suo destino come emerge anche dalla mia corrispondenza con l'irrequieto giornalista di Calatafimi.
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Ecco come son finito sulla Nuova Alabarda alla Cernigoi, quasi un tale qualsiasi "Lillo", chioserà dopo codesta signora, che non contenta mi fa diventare criminalfascista e addirittura ieri sera bambinone stupido e volgare, vecchio decrepito. E dire che mai mi ero permesso di echeggiare certe simpatiche insolenze di un siculo e trapanese dalla coda velenosissima
Mi rivolgo a voi signori della POLIZIA POSTALE alla quale mi minaccia di rivolgersi la suddetta signora in quanto, data la mia decrepita età, la molesterei includendola in un indirizzario in cui non vuole essere inclusa. Giusta la sua lagnanza ed io l'ho esclusa. Ma siccome si permette sempre la suddetta signora di irridermi dinanzi al mio sindaco, di sminuirmi come avvocato delle cause perse e siccome in un blog che lei dice a diffusione milionaria e planetaria mi insolentisce appena può, io qualche volta mi sono avvalso della mia facoltà di chiedere la rettifica a questo sua NUOVA Alabarda, nulla ottenendo ma venendo prima come intimorito da questa goriziana che con Tito ce la dovrebbe avere e che invece lo considera vox inoppugnabile quando avrebbe voluto fare dichiarare CRIMINALE DI GUERRA il mio glorioso compaesano ETTORE MESSANA. Nasce da qui una mia rispettosissima richiesta alla suddetta signora rettificare i tremendi e calunniatori giudizi contro quell'altissimo grand-commis dello Stato, divenuto alla fine della sua carriera persino Commendatore dell'ordine regale di San Maurizio e San Lazzaro.
Trascrivo questa "notizia" di questa Nuova Alabarda alla Cernigoi, in cui dinanzi al suo plaudente oceano pubblico mi idìrride.
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La Nuova Alabarda
20 giugno ·
APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”.
Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori.
Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti.
Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare.
A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”.
Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di rapinare una vettura automobile”.
Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i riflettori”.
Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”.
I non fatevi intimorire
2 · 21 giugno alle ore 20.52
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La Nuova Alabarda certo che no!
1 · 22 giugno alle ore 8.34
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Valentino Roiatti I fascisti italiani in Slovenia hanno compiuto crimini inenarrabili. Basta chiedere ai loro storici ci racconteranno la verità. In ogni caso a Lubiana , meglio non parlare
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Ho sbriciolato tutte queste presunte documentazioni accusatorie. Ne farò oggetto di una pubblicazione. Se qualche volta ho voluto segnalare copie dei miei risultati archivistici a questa NUOVA ALABARDA alla Cernigoi, ho commesso, non so come si dice in inglese (io a mala pena traduco dal siciliano all'italiano) insomma molestia a mezzo computer? Vi diffido a voi della Polizia Postale a molestarmi su input di questa ex goriziana. Se lo fate ho qui una prova provata che allora agite d'impulso e ve ne assumete le responsabilità. Ma forse ora potete rispondere alla Cernigoi: ma sia seria, signora. Se impapocchia cose di storia e qualcuno la coglie in castagna, in fin dei conti niente di grave; basta una semplice doverosa rettifica. dato che il suo dire sta danneggiando gravissimamente gli eredi del signor gr. uff. comm. san Lazzaro e San Maurizio (onorificenze meritatissime sulle quali signora ex goriziana lei non ha titolo alcuno di sputarci sopra) l'ISPETTORE GENERALE DI PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto.
Se poi, persistendo la signora, dovessimo passare al penale, sarà tutt'altra musica.
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Lillo Taverna
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