lunedì 21 novembre 2016

Mio Nonno

 





 
E qui ad Hudi  Log mio nonno  Calogero Taverna di Giuseppe esattamene come me vi ha rimesso la pelle. Cadorna dopo averlo indebitamente strappato alla famiglia lo sotterrò  in una delle allucinanti  doline di questa estranea Slovenia. Il 25 maggio del 1917 fece scrivere ai suoi scrivani  nel bel sole di Roma. "disperso in guerra". Forse voleva far scrivere  "disertore".
 
Illecitamente l'aveva intruppato nella famigerata brigata CATANZARO quella di cui indignato ebbe a poetare persino con accenti  di alta contestazione pacifista persino Gabriele D'Annunzio. 

Ma mio nonno risultava irreperibile sin dal maggio del 1917 e le atrocità contro la Catanzaro sono dell'agosto successivo addosso al 246° reggimento dice qui il foglietto a quattro colori che vi propino.

Atrocità su atrocità.

Mio nonno sino al giorno prima della sua dichiarazione di morte presunta  scrive  (fece scrivere, era analfabeta) una di queste cartoline postali passate la "corrispondenza del R, esercito" gratis.

Mio nonna se le tenne care quelle cartoline come se fossero la sua più toccante storia di amore. Ora quei cimeli ce li ho io . Li ho decifrati, Mi hanno consentito di sapere qualche briciolo di verità sull'omicidio di Cadorna contro mio nonno.

Chiedo e richiedo conferme, notizie, correzioni a quello che un tempo fu il Ministero della Guerra.  L'omertà di Stato perdura. Nulla da fare.

Ma non è da meno il sindaco del mio paese  Emilio Messana. In due anni e mezzo non ha avuto neppure una piccola resipiscenza mnemonica  non dico per una lapide marmorea (costerebbe molto, meglio le tende alla sua vice sindaco), ma almeno una di quelle lucenti plex ove ad abundantiam ci celebra l'incelebrabile Sciascia, magari deturpandogli l'ortografia (che affronto per il maestro elementare Leonardo Sciascia!).

E non lo assillo (invano) solo per mio nonno: con lui voglio ALLA PARI gli altri 31 POPOLANI atterrati da un sanguinario  incapace Cadorna nella guerra del '15-'18- E l'elenco non lo fornisco io. Lo fa, per far bella figura, l'altro suo conte zio, Eugenio Napoleone Messana.

Niente di niente. E gli otto audaci dell'altra sera avrebbero torto? Da mandare via, da mandare via. La cosca del Tortellino, delle nipoti di validi medici, della famiglia della piccola speculazione edilizia racalmutese, del lungo consulente tributario avallante le grandi magagne contabili racalmutesi, dell'ovis  belans, della cognata dell'uomo nero, delle triglie di scoglio o di sabbia, a detta di Buttafuoco, stia zitta. All'ignominia non aggiunga la  protervia menzognera, la disgustosa loquela.

Deve andar via,

deve andar via. Solo così posso sperare in una ignobile lapide in flex a Santa Maria di Jesu, con nomi tutti in fila in ordine alfabetico; i nomi di questi trentadue plebei racalmutesi  immolati per l'ingrata patria  di lor signori, quella aliena  patria  manigolda e smemorata.

Calogero Taverna

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