domenica 7 agosto 2016



La nozione di Eros in Omero e nei lirici[modifica | modifica wikitesto]

La prima apparizione della nozione di Eros è nelle opere attribuite ad Omero. In tale contesto Eros non viene personificato, quanto piuttosto come principio divino corrisponde all'irrefrenabile desiderio fisico come quello vissuto da Paride nei confronti di Elena:
(GRC) « ἀλλ' ἄγε δὴ φιλότητι τραπείομεν εὐνηθέντε
οὐ γάρ πώ ποτέ μ' ὧδέ γ' ἔρως φρένας ἀμφεκάλυψεν »
(IT) « Ma ora andiamo a letto e facciamo l'amore:
non mi ha mai preso il cuore un desiderio (ἔρως ) tanto possente »
(Iliade III, 441-442. Traduzione di Guido Paduano in Omero Iliade. Milano, Mondadori, 2007.)
o ancora lo stesso desiderio provato da Zeus nei confronti di Era:
(GRC) « Ἥρη δὲ κραιπνῶς προσεβήσετο Γάργαρον ἄκρον
Ἴδης ὑψηλῆς· ἴδε δὲ νεφεληγερέτα Ζεύς.
ὡς δ' ἴδεν, ὥς μιν ἔρως πυκινὰς φρένας ἀμφεκάλυψεν,
οἷον ὅτε πρῶτόν περ ἐμισγέσθην φιλότητι
εἰς εὐνὴν φοιτῶντε, φίλους λήθοντε τοκῆας. »
(IT) « Era raggiunse rapidamente la cima del Gargano,
sull'alto Ida, e la vide Zeus che raduna le nubi,
e quando la vide la passione (ἔρως) invase il suo animo saggio,
come quando per la prima volta s'unirono nell'amore
e andarono a letto, all'insaputa dei genitori »
(Iliade XIV, 293-295. Traduzione di Guido Paduano in Omero Iliade. Milano, Mondadori, 2007.)
o, infine, ciò che rende tremanti le membra dei proci di fronte a Penelope:
(GRC) « τῶν δ' αὐτοῦ λύτο γούνατ', ἔρῳ δ' ἄρα θυμὸν ἔθελχθεν,
πάντες δ' ἠρήσαντο παραὶ λεχέεσσι κλιθῆναι. »
(IT) « Ed ecco i ginocchi dei proci si sciolsero, furono sedotti da amore (ἔρω)
bramarono tutti di giacere al suo fianco nel letto »
(Odissea XVIII, 212-3. Traduzione di Aurelio Privitera in Omero Odissea. Milano, Mondadori, 2007)
Tale desiderio irrefrenabile si spiritualizza nei lirici greci del VII/VI a.C. ma presenta comunque delle caratteristiche crudeli e ingestibili. Manifestandosi improvvisamente, Eros agita in modo cupo le sue vittime:
« Ma per me Eros non dorme
in nessuna stagione:
come il vento di Tracia infiammato di lampi
infuria accanto a Cipride
e mi riarde di folli passioni,
cupo, invincibile,
con forza custodisce l'anima mia. »
(Ibico VI. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 369)
(GRC) « Ἔρος δηὖτέ μ' ὀ λυσιμέλης δόνει,
γλυκύπικρον ἀμάχανον ὄρπετον »
(IT) « Eros che scioglie le membra mi scuote nuovamente:
dolceamara invincibile belva »
(Saffo 61. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 273)
« Eros tremendo, le Follie ti furono nutrici:
per te cadde la rocca di Troia,
per te il grande Teseo, l'Egide, cadde, e Aiace Oileo,
il valoroso per la loro follia.[9] »
(Teognide II, 1231. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 181)
« non è Afrodite, ma il folle e insolente Eros che come fanciullo gioca,
sfiorando il sommo dei fiori - ma che non me li tocchi - del cipero.
Eros di nuovo, a causa di Cipride, dolce mi invade, riscalda il cuore. »
(Alcmane 147-8. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 617-619)
In Anacreonte questo vissuto viene presentato come colui che colpisce violentemente:
« Ancora Eros m'ha colpito:
con un gran maglio, come un fabbro,
e mi ha temprato tuffandomi
in una fiumana invernale. »
(Anacreonte 19. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 335)

Il dio Eros e il suo culto[modifica | modifica wikitesto]

Statua in marmo di Eros addormentato risalente al II d.C. di provenienza sconosciuta, è conservata al Museo archeologico nazionale di Atene. Il giovane Eros alato è addormentato su una roccia, il braccio sinistro funge da cuscino mentre un giovane leone fa la guardia al dio.
Nell'opera teogonica di Esiodo sono due i passaggi che riguardano Eros qui attestato per la prima volta come quel dio primordiale in grado di domare con la passione sia gli dèi che gli uomini:
(GRC) « Ἦ τοι μὲν πρώτιστα Χάος γένετ᾽, αὐτὰρ ἔπειτα
Γαῖ᾽ εὐρύστερνος, πάντων ἕδος ἀσφαλὲς αἰεὶ
ἀθανάτων, οἳ ἔχουσι κάρη νιφόεντος Ὀλύμπου,
Τάρταρά τ᾽ ἠερόεντα μυχῷ χθονὸς εὐρυοδείης,
ἠδ᾽ Ἔρος, ὃς κάλλιστος ἐν ἀθανάτοισι θεοῖσι,
λυσιμελής, πάντων δὲ θεῶν πάντων τ᾽ ἀνθρώπων
δάμναται ἐν στήθεσσι νόον καὶ ἐπίφρονα βουλήν. »
(IT) « Orbene, innanzitutto venne all'esistenza lo Spazio beante[10], poi a sua volta
la Terra dal largo petto, sede per sempre sicura di tutti
gli immortali che abitano le cime del nevoso Olimpo,
e il Tartaro nebbioso nel fondo della Terra dalle larghe strade,
poi Eros che è il più bello tra gli dei immortali
e scioglie le membra[11], e di tutti gli dei, come di tutti gli uomini,
doma nel petto il pensiero e la saggia volontà. »
(Teogonia 120-122. Traduzione di Cesare Cassanmagnago, in Esiodo. Tutte le opere e i frammenti con la prima traduzione degli scolii. Milano, Bompiani, 2009, pag. 121)
A tal proposito Ilaria Ramelli e Carlo del Grande evidenziano come:
« La Teogonia Esiodea sembra riflettere la dottrina teogonica dei sacerdoti di Apollo delfico. In origine sarebbe stato il Χάος, il "vuoto primordiale" e poi αῖα, la Terra, ed Ἔρως o amore, come attrazione reciproca e principio di unione ed armonia »
(Ilaria Ramelli e Carlo del Grande. Teogonia in Enciclopedia filosofica vol. 11. Milano, Bompiani, 2006, pag. 1416)
In un secondo passaggio Esiodo evidenzia Eros come quel dio che, insieme ad Himeros, accompagna Afrodite appena nata[12]:
(GRC) « Τῇ δ᾽ Ἔρος ὡμάρτησε καὶ Ἵμερος ἕσπετο καλὸς
γεινομένῃ τὰ πρῶτα θεῶν τ᾽ ἐς φῦλον ἰούσῃ. »
(IT) « L'accompagnò Eros e il bel Desiderio[13] la seguì
non appena venuta alla luce e avviata a raggiungere la razza degli dei »
(Teogonia 201-202. Traduzione di Cesare Cassanmagnago, in Esiodo. Tutte le opere e i frammenti con la prima traduzione degli scolii. Milano, Bompiani, 2009, pag. 127)
Connesso all'opera di Esiodo vi è il richiamo nella Biblioteca di Apollodoro dove, riferendosi a Io:
« Esiodo e Acusilao affermano che era figlia di Pirene. Io era sacerdotessa di Era, e Zeus la violentò. Scoperto da Era, toccò la fanciulla, la trasformò in una bianca giovenca e giurò che non si era unito a lei. Perciò Esiodo dice che i giuramenti fatti per amore (ἔρωτος) non attirano l'ira degli dei. »
(Biblioteca II,6. Traduzione di Maria Grazia Ciani, in Apollodoro I Miti greci (a cura di Paolo Scarpi. Milano, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, 2008, pag. 87)
Il culto di Eros è attestato da Pausania in Beozia, segnatamente a Tespi:
« Il dio che i Tespiesi onorano fin dai tempi antichi e più di ogni altro dio è Eros e di Eros hanno una statua antichissima, costituita da una pietra grezza. Chi abbia istituito presso i Tepiesi l'usanza di anteporre Eros a tutti gli dei, io non so. »
(Pausania. Periegesi IX, 22, 1. Traduzione di Salvatore Rizzo, in Pausania Viaggio in Grecia - Beozia. Milano, Rizzoli, 2011, pag.225)
L'origine mitica di tale culto, culto forse di origini preistoriche[14], è così spiegata da Conone:
« A Tespi, in Beozia (la città non è molto lontana dall'Elicona), c'era un ragazzo di nome Narciso, molto bello, ma che disdegnava Eros e i suoi amanti. Tutti quelli che l'amavano finirono per rassegnarsi, a eccezione di Amenia che si ostinava a corteggiarlo. Ma Narciso non cedeva alle sue preghiere e perfino gli inviò una spada. Amenia allora si uccise davanti alla porta di Narciso, implorando la vendetta del dio. E Narciso, vedendo il proprio viso e la propria bellezza riflessi nell'acqua di una fonte, divenne, stranamente, amante di se stesso: il primo e l'unico. Alla fine spinto dalla disperazione e avendo compreso che soffriva giustamente per aver respinto l'amore di Amenia, si uccise. A seguito di ciò gli abitanti di Tespi decisero di onorare e di servire Eros, e di rendergli sacrifici sia in pubblico che in privato. E la gente del paese pensa che il fiore del narciso è nato dal loro suolo, laddove fu versato il sangue di Narciso »
(Conone Racconti XXIV, tramandato da Fozio, III, 134b.)
Pausania riporta anche di un altare ad Eros posto di fronte all'ingresso dell'Accademia:
« Davanti all'ingresso dell'Accademia[15] c'è un altare di Eros la cui epigrafe attesta che Carmo[16] fu il primo degli Ateniesi che abbia dedicato un altare ad Eros »
(Pausania. Periegesi I, 30, 1. Traduzione di Salvatore Rizzo, in Pausania Viaggio in Grecia - Attica e Magaride. Milano, Rizzoli, 2011, pag. 269)
Tuttavia, come nota Gerard Krüger[17]:
« a questa venerazione mancano realmente la piena dignità ed il valore di un servizio religioso: Eros non è un dio del culto statale. »
(Gerard Krüger. Ragione e passione: l'essenza del pensiero platonico. Milano, Vita e Pensiero, 1996, pag. 34)
Tanto che così ci si lamenta nell'Ippolito di Euripide[18]:
« Invano, invano, sull'Alfèo,
nei templi di Febo a Delfi, addensa
la Grecia ecatombi se d'Amore
tiranno dell'uomo, ch'è custode
dei letti figliolo
d'Afrodite, non c'è riguardo, e non si venera
il dio che tutto rovina
e dà calamita
all'uomo, se giunge. »
(Euripide. Ippolito 535 sgg. Traduzione di Maria Pontari, in Euripide, Le tragedie vol. 1, Milano, Mondadori, 2007, p.279)

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