giovedì 25 agosto 2016

domenica 30 dicembre 2012

Fatti e figure racalmutesi


Cinque amici al Bar
Cinque personaggi che se non la storia la grande tradizione racalmutese l'hanno segnata e due invero continuano a vergarla. Chi non conosce Liddu Giglia ed anche Mennu che non è 'ngiuria ma un nome celebre di un suo antenato che è poi quello di un santo alquanto strano. E Guglielmo Schiillaci alias Ventura, da un lato laico con sospetto ancora trentatreistico e dall'altro protettore oggidì di plaudenti sagristanelli della novella matrice, domina ancora il Circolo dei Galantuomini in cui entrò stentatamente e poi ne divenne una loquace figura egemone. Il vero presidente è lui, quasi papa nero dei residui "galantuomini" di paese. Ma sono gli altri tre gli apici di tre grandi fisionomie di una Racalmuto intatta, tradizionale, inimitabile: Liddu Savatteri mi è stato amico dal 1947 sino ai giorni del suo decesso; debbo a lui se ho potuto fare addottrinamento alle ACLI romane che mi hanno poi permesso di ben figurare in un compito di economia politica idoneo ad entrare in Banca d'Italia: se stavo spranza di qello che Mirabella insegnava all'Università di Palermo non entravo in Banca d'Italia. Forse però mi sarebbe finita meglio: come avvocato nel foro di Agrigento qualche chance per competere con l'inattingibile avvocato Totò Marchese ce l'avrei avuta. Mi ricordo che fummo in feroce contesa per la dotazione della bandiera tricolore al neo Circolo di Cultura. Vinse lui, e la bandiera sventolò negli angusti locali 'mpacci del fotografo Pavia. Dicevamo di Liddu Savatteri: potevamo essere amici quanto mi pareva ma lui oltre il "signore" (anzi signor Taverna) non volle mai andare: lui era "ddo" ed iu lu figliu di Peppi Fanci; lui di una famiglia che E.N. Messana credeva in coscienza che nel 'Seicento aveva potuto far sposare un tal nobile Scipione Savatteri con una figlia del conte del Carretto (ho scandagliato gli atti della matrice e nulla vi ho trovato di tutto ciò: anzi una irrefutabile smentita); io invece venivo da una famiglia di piccoli merciai da parte della mia nonna paterna e di contadini da parte di mio nonno paterno. Non potevo competere con un glorioso ceppo plurisecolare. Una zia di Lillo, quando le dissero che avevano vinto i comunisti e che quindi il mezzadro le avrebbe dato del tu, gridò che lei si buttava dall'astraco più alto del loro avito maniero, là a via del teatro Vecchio. Per il resto Lillo Savatteri,maestro di scuola per una vita, era "democratico" faceva persino sindacalismo cattolico a lu Santissimo (col cognato 'Naziu Pitruottu). Accanto Beniamino Burruano anzi Alfano Burruano.Famiglia antica e sempre rispettata. Influente. Il Fratello, lu zz'a Alfonso,sposò una prima cugina di mio padre; peccato che Tanu ne voglia fare un capu di li cudi chiatti. Uomo rispettato e rispettoso, lu zza Alfonso non ha mai fatto male a nessuno. La sua uccisione è per me ancora oscura, o meglio ho una mia versione che non trova alcun riscontro nelle scartoffie processuali. Beniamino era d'altra tempra, ma guardatelo qui con quali amici sta ed alla pari, paciosamente. Il resto è vana ciancia. In ultimo (per modo di dire) Daniele Ciciruni, il più grande piccolo uomo dell'Ottocento cascavaddaro di Racalmuto. Facezie, scherzi e vicende a iosa. La storia dei tre cavalli al Mutuo Soccorso lo videro ingiustamento imputato, ma fu assolto da Angelo Collura; era un altro l'artefice del perfido nascondimento del quarto cavallo. Non volle accettare e fu buttato fuori dal Mutuo Soccorso. Là, a Natale, si giocava come al Circolo Unione: ma Sciascia ne fa una bisca e assolve nelle Parrocchie di Regalpetra i suoi sodali galantuomini. Fatti e figure di Racalmuto, solo Racalmuto e Regalpetra nulla c'entra e forse non era molto libera. 

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