mercoledì 17 agosto 2016

CEREUS BURGENTIUM

CEREUS BURGENTIUM

foto e testo tratto da REGALPETRALIBERA del giugno 2009, ma fonte originaria: TINEBRA MARTORANA Racalmuto, memorie e tradizioni pagg. 107-109; imprescindibile, però,  la rivisitazione di Leonardo Sciascia nelle PARROCCHIE, pag.84.

Resta pur sempre il mistero del nome: come veramente si chiama la 'macchina' alta cinque metri del sardonico Sciascia?

Prerogativa solo dei 'burgisi' il 'ciliu' racalmutese? Direi di no. Io me ne ricordo quattro o cinque: minori, non vistosi. Ma li cicirara ittavanu ciciri; li siminazara, simenza. L'ugliara non so, forse confetti. Non ricordo cilii di "mastri"; forse non ve ne stavano. Non si degnavano di competere con l'odiata classe contadina. Non c'erano certo cilii di professionisti (medici avvocati e farmacisti erano potentissimi, ma erano classe eletta, erano i "galantuomini" erano 'do' e bivaccavano al Circolo Unione. Scandalo grande fu quando non si poteva più dare mortale manrovescio ai subalterni contadini. Un antenato del nostro amabile Tano Savatteri era gigantesco: il suo viddranu lo 'ncuitò' oltre misura e lui lo schiaffeggiò veementemente. Ma la sua mano era tanto robusta e dilatata ragion per cui il meschino ci restò secco. "che tempi - si disse al Circolo Unione - un galantomu nun puo' cchiu dari na masciddrata a lu so mitateri". Figurarsi se andavano a svilirsi con un cereo subalterno ai villosi e irosi 'burgisi arriccuti di lu carminu'!)

Ma ora nel "duemila" i tempi son cambiati. Baldi giovanottoni discendenti da tali "burghisi" si sono costituiti in associazione no-profit e si stanno facendo rispettare dal nuovo sindaco che verso di loro si mostra indulgente e arrendevole.

Gioventù racalmutese novella, aitante, ardita, effervescente. Racalmuto può sperare. L'avvenire è in mano di queste nuove forze sociali. Sarà come un tempo, meglio di un tempo.

Il mio appassionato augurio.

Calogero Taverna

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Alt ad un ripristino improvvisato!!! '


Il cero dei borgesi rischia di perdere l’antico fascino.

U ciliu di li schietti. U ciliu di li burgisi.
Anima regalpetrese.
Non c’è racalmutese che non ha vissuto il sabato della Festa del Monte nel chiasso della folla, l’attesa di la pigliata di lu ciliu, seguita dall’assordante rullo dei tamburi.
Oggi quel ciliu colorato è impallidito.

Cos'è successo?

In paese nessuno sa niente. L’idea di un restauro non è male. Ma il fatto che non convince è l’improvvisazione, forse in buona fede, di un tentativo di ripristino senza le giuste professionalità.

Quest’improvvisazione inquieta perché può rovinare la bellezza di un simbolo ottocentesco che è nel cuore non solo dei burgisi ma di tutti i racalmutesi. Per questo bisognerebbe coinvolgere i tanti regalpetresi competenti in materia.

Le cose di Racalmuto appartengono a tutti ed è opportuno interessare chi può dare una mano, per la conservazione delle ricchezze della collettività.
Dal libro Una Madonna venuta da lontano, ecco alcuni stralci sulla storia del cero dei borgesi.
"Come indica la parola latina, originariamente si chiamò CEREO (Cereus), un grosso cero, posto su di un piedistallo, e tenuto in posto da sostegni di legno più o meno artisticamente lavorati, il quale soleva portarsi dietro l’immagine del Santo, nella ricorrenza della festa.
Infatti, se si osserva l’attuale Cilio si vede ancora la traccia del cereo, che è stato soppiantato da un lungo cilindro di legno, che sorge al di sopra.
L’istituzione di questi Cilii è antica; infatti in una carta del 1355 è descritto l’ordine dei ceri di Palermo ed è detto: cereus burgentium Conzariae, cereus burgentium quarterii Kalsiae, cereus burgentium quarterii Serelkadi, cereus burgentium quarterii Albergariae.
Questo documento ci dice chiaramente come i Ceri o Cilii siciliani erano prerogativa dei borgesi, visto che nessun altra categoria è nominata. Anche se a Racalmuto c’erano e ci sono altri Ceri, di forma più piccola, appartanenti ad altre categorie di lavoratori.
In Sicilia nacquero nel XV sec. E così, almeno si presume, a Racalmuto, per la festa della Compatrona, Maria SS. del Monte.
Durante la festa, infatti, il Cilio viene portato in processione, a dimostrazione della corporazione che un grosso contributo dava alla festa e all’economia del paese.
Il Cilio di lu burgisi di Racalmuto è anche detto di li schietti, ossia dei giovani che non sono andati a nozze.
L’apice della festa del Monte, infatti, è il sabato sera, durante il quale avviene la cosiddetta pigliata di lu Ciliu: trainato prima a spalla e oggi da un trattore, il Cilio si ferma in mezzo alla piazza e i giovani borgesi si contengono, anche con calorose dispute, la bandiera con l’effige della Madonna, fatta realizzare dal giovane che l’anno precedente aveva conquistato la bandiera.

Di questo Cilio e di questo evento ormai antico, hanno scritto giornalisti e scrittori. Uno fra tutti il racalmutese Leonardo Sciascia che ha dedicato alla festa di Regalpetra numerose pagine, tra cui quelle de Le parrocchie di Regalpetra".

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