venerdì 10 giugno 2016

Questo paesaggio, in fondo squallido, è nel Nord Ovest di Racalmuto: testimonianza di due catastrofi ambientali: il primo dovuto ai Romani ciceroniani che svelsero le foreste che vi prosperavano per coltivarvi grano per le plebi delle clientele dell'Urbe e l'altro dei gabellotti dell'Ottocento che se fortunati sfruttarono lo zolfo di quelle viscere del fiume Pantano e con i loro scriteriati calcheroni inaridirono e desertificarono quelle lande.




Ma non si fermarono qui: ammassano i cancerogeni rosticci (in dialetto ginisi) e quegli squallidi montarozzi persistono seminando morte e malattie. E quelli che ci governano hanno là le loro proprietà e figurarsi se se ne preoccupano. E il paesaggio è quello che voi stessi potete giudicare.




Per colmo dell'ironia eccovi in avamposto un piccolo cocuzzolo roccioso. Vi si insinua una tomba verticale non finita. Forse doveva divenite tomba a tholos. Certamente sicana sia pure di tarda età. Da dilettante ne abbiamo scritto nei testi stampati a nostre spese. Nessuno se ne è dato pensiero: né i Beni Culturali provinciali né quelli regionali. Non c'è neppure un pallido vincolo nel Piano Regolatore. E dire che con un modesto scavo stratigrafico se ne scoprirebbero di illuminanti testimonianze di quell'importante passaggio dalla civiltà sicana ricordata da Tucidide a quella micenea che la ricchezza dei ritrovamenti ha messo in luce. E guarda caso sopra quel cocuzzolo un palmento databile a mio avviso attorno al '500. Quindi tante vigne nei dintorni. I calcheroni degli ottocenteschi GALANTUOMINI RACALMUTESI hanno disperso tutto accumulando per di più montagnole di rosticcio cancerogeno che permangono per l'incuria dei nostri amministratori.




La salute dei racalmutesi si vede non interessa a nessuno. Basta una bella festa del Monte.




Calogero Taverna




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