Il Dna di Giuliano


Giuliano compiaciuto di vedersi sui giornali
Giuliano compiaciuto di vedersi sui giornali
Pubblichiamo, qui di seguito, la replica all’articolo di Tano Gullo “I falsi amori di Giuliano”, comparso su “la Repubblica” di ieri (pagine di Palermo) e che il direttore Sebastiano Messina non ci ha voluto pubblicare, chiedendoci in cambio venti righe. Lo ringraziamo per la generosità, ma preferiamo esprimerci liberamente sia pure con la sintesi necessaria che ci eravamo imposti.
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La ricerca della verità è sempre un percorso in salita. Ecco perché, come si suol dire, è rivoluzionaria. Siamo ben consapevoli di aver intrapreso una strada difficile e pericolosa. Attenendoci a un’unica metodologia – quella del dubbio – che continuiamo a seguire con serietà e rigore. Siamo quindi rimasti decisamente sorpresi da alcune frasi contenute nell’articolo “I falsi amori di Giuliano”, pubblicato il 23 gennaio 2013 nell’edizione palermitana di “Repubblica”, a firma Tano Gullo, a commento del nostro nuovo libro edito da Bompiani, “La scomparsa di Salvatore Giuliano”.
Il giornalista scrive: “L’inchiesta – l’ennesima dei due autori sugli enigmi siciliani – aggiunge diversi utili tasselli al puzzle mai completato sulle ambiguità delle istituzioni e sulle malefatte della banda Giuliano, anche se finisce a coda di topo il teorema di partenza che presuppone la fuga del bandito negli Usa, dopo aver lasciato a Castelvetrano, sul selciato di un cortile, il corpo crivellato di un sosia. Su questo punto, gli autori, che pure avevano indotto la Procura di Palermo a riesumare il corpo del bandito per sottoporlo alla prova del Dna, si arrampicano sugli specchi, continuando a ipotizzare il mistero dell’espatrio che i magistrati sulla base delle prove acquisite escludono al 90 per cento.”
Sono affermazioni che derivano forse da una lettura disattenta del nostro lavoro, costato ben quindici anni di ricerche in Italia e all’estero.
Non abbiamo mai “indotto” la procura di Palermo a fare alcunché. Con la nostra  lettera al questore Alessandro Marangoni del 5 maggio 2010, chiedevamo di “intraprendere un’indagine conoscitiva per accertare la vera identità della persona uccisa nel cortile dell’avvocato Di Maria (Castelvetrano), la notte tra il 4 e il 5 luglio 1950”.  In seguito alla nostra missiva, siamo stati ascoltati dai pubblici ministeri Francesco Del Bene, Lia Sava, Paolo Guido e Marcello Viola, il 5 luglio 2010. Tutto ciò che è venuto dopo – la convocazione di decine di persone “informate sui fatti” da parte dei magistrati palermitani e la riesumazione della salma sepolta nella cappella gentilizia della famiglia Giuliano (28 ottobre 2010) – lo abbiamo appreso dai giornali e dalla televisione.
Nelle prime pagine del nostro libro riportiamo la cronistoria delle indagini, fino alla notizia divulgata da varie agenzie giornalistiche il 28 febbraio 2011. A quella data, un lancio Ansa scriveva che i periti medico-legali di Roma e Genova – il prof. Renato Biondo (biologo) e il prof. Francesco De Stefano, direttore del Dipartimento di Medicina Legale dell’Università del capoluogo ligure – “non sono riusciti a raggiungere una conclusione certa dalla comparazione del Dna”. Il volume affronta poi la biografia criminale di quel “fantasma eccellente” che è stato Salvatore Giuliano. Sono 360 pagine dense di informazioni, dalle quali emerge che i dubbi sulla vera sorte del terrorista monteleprino iniziano a circolare già nel luglio del 1950. Fino alle dichiarazioni rilasciate nel 2010 dall’ex agente dei Servizi, Michele Ristuccia, e dagli infermieri che hanno accudito nei suoi ultimi mesi di vita Gregorio Di Maria, l’“avvocaticchio” di Castelvetrano, deceduto tre anni fa.
Dunque, nessun “teorema” che finisce “a coda di topo”, tantomeno improbabili “arrampicate sugli specchi” da parte nostra. Ci siamo limitati a riferire soltanto quello che ci risultava, informandone anzitutto gli organi competenti perché si ponesse fine a rumors insidiosi che duravano da sessant’anni.
In merito alla notizia apparsa il 16 gennaio scorso – la conferma che il cadavere riesumato a Montelepre appartiene al bandito e la conseguente archiviazione del caso –, abbiamo incaricato il nostro legale, l’avvocato Armando Sorrentino, di inoltrare al Gip Giuliano Castiglia (Palermo) la richiesta di acquisizione del rapporto scientifico definitivo sull’esame del Dna redatto dai professori Biondo e De Stefano.
Se la nostra istanza sarà accolta, sottoporremo il documento al prof. Alberto Bellocco, il perito medico che da anni segue l’affaire Giuliano assieme a noi. Riteniamo infatti doveroso appurare se tra il febbraio del 2011 e il gennaio di quest’anno siano emersi nuovi elementi, tali da convincere Biondo e De Stefano ad attribuire al bandito, con un’altissima percentuale di probabilità, i resti umani riesumati quasi due anni e mezzo fa nel cimitero di Montelepre.
“Ciascuno ha il dovere di fare bene la propria parte – scriviamo a conclusione del nostro volume –. I magistrati di trovare una verità giudiziaria, i periti di consegnarci una stima basata sulle loro analisi, gli storici di ricostruire fatti e avvenimenti attraverso l’analisi critica delle fonti. Malgrado i silenzi, l’omertà, i depistaggi.”
Giuseppe Casarrubea e Mario José Cereghino
Partinico, 24 gennaio 2013