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-DELL'APOSTROFO ASSENTE-
di Ornella Pennacchioni.
Vorrei dirti poco, perché il tuo esubero è spesso ripetitivo, e quindi noioso il mio ribadire quanto il tuo dire, ma in questo caso tengo a sottolinearti una cosa, di cui la tua mente brillante non resterà incredula. Eccomi a chiedere venia all'accento trascurato per disattenzione. So per certo che l'accento stesso s'inchinerà alla mia dialettica creativa, e non ci farà caso, a tenerlo in auge, per diritto alla regola, ci pensi tu che non sei affine alla creatività in quanto citante compulsivo. Fossi l'apostrofo non ti direi grazie. Non stare al suo posto deve averlo fatto sentire libero. Liala? Non Mi somiglia. Ah, se il costo, del mio romanzo, di cui ti ho siegato in altra sede, ti sembra esoso, a me non sembra elegante il tuo ribadirlo. Con grazia, io.
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Lillo Taverna Signora Pennacchioni lei di me non ha capito niente. E' donna! E chi qui le va battendo le mani mi desta intimi sigghigni. Io e la signora eleganza ci ignoriamo ostentatamente; non abbiamo bisogno alcuno l'uno dell'altra e viceversa. Ma mai metteremmo una dedica apocrifa anodina e anonima jn un libro mandato in omaggio nella speranza di conquidere plausi prossenetici per piazzamenti mercantili. Avevo deciso di chiuderla là.... ma vossia mi li scippa. La sua paudente a 'sto unto resterà stizzosamente delusa.