venerdì 18 dicembre 2015

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Lillo Taverna ha condiviso la foto di Le ali di Hermes.
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Le ali di Hermes
I SATURNALI erano un'antica festività della religione romana dedicata all'insediamento nel tempio del dio Saturno e alla miticaetà dell'oro; si svolgevano dal ...17 al 23 dicembre, come stabilito da Domiziano.
I saturnali avevano inizio con grandi banchetti, sacrifici, a volte orge; i partecipanti usavano scambiarsi l'augurio "io Saturnalia," accompagnato da doni simbolici.
Durante questi festeggiamenti era sovvertito l'ordine sociale: gli schiavi potevano considerarsi temporaneamente degli uomini liberi, e come questi potevano comportarsi; veniva eletto, tramite estrazione a sorte, un princeps -una sorta di caricatura della classe nobile- a cui veniva assegnato ogni potere. Il "princeps" era in genere vestito con una buffa maschera e colori sgargianti tra i quali prevaleva il rosso (colore degli dei) e poteva ricordare il nostro Babbo Natale.
Era la personificazione di una divinità inferica, da identificare di volta in volta con Saturno o Plutone, preposta alla custodia delle anime dei defunti, ma anche protettrice delle campagne e dei raccolti.
In epoca romana si credeva che tali divinità, uscite dalle profondità del suolo, vagassero in corteo per tutto il periodo invernale, quando cioè la terra riposava ed era incolta a causa delle condizioni atmosferiche. Dovevano quindi essere placate con l'offerta di doni e di feste in loro onore nonché indotte a ritornare nell'aldilà, dove avrebbero favorito i raccolti della stagione estiva.
Si trattava di una lunga "sfilata di carnevale" (perché a tale festa sono riconducibili i saturnalia e tutti i riti agrari successivi).
Catullo definiva i Saturnalia “i giorni più belli dell’anno“. La festa era dedicata a Saturno, dio dell’”età dell’oro“, descritta da Esiodo ne “Le opere e i giorni” come la prima età mitica nella quale «…un’aurea stirpe di uomini mortali crearono nei primissimi tempi gli immortali che hanno la dimora sull’Olimpo. Essi vissero ai tempi di Crono, quando regnava nel cielo; come dèi passavano la vita con l’animo sgombro da angosce, lontani, fuori dalle fatiche e dalla miseria; né la misera vecchiaia incombeva su loro [...] tutte le cose belle essi avevano». In questa “aurea aetas” tutti gli uomini vivevano quindi in pace e senza bisogno di lavorare, esattamente come nel Paradiso Terrestre (primo parallelismo con il Cristianesimo).

L’inizio dei Saturnalia era dato dallo svolgimento di riti religiosi davanti al Tempio di Saturno, nel Foro, cui seguivano dei banchetti (lectisternium) e festeggiamenti che coinvolgevano tutta la popolazione romana e che sono facilmente assimilabili ai festeggiamenti carnevaleschi. Questa sorta di carnevale era caratterizzata dalla più completa libertà di comportamenti: in omaggio al ricordo dell’uguaglianza dei “tempi d’oro”, veniva concesso agli schiavi un periodo di libertà ed essi potevano così permettersi di banchettare assieme ai propri padroni, da cui potevano addirittura pretendere di essere serviti a tavola, in quello che era un vero e proprio scambio di ruoli. In effetti agli schiavi era perfino concesso ubriacarsi, stando alla stessa tavola con i padroni, senza poter essere ripresi per un comportamento che in altre occasioni avrebbe portato frustate o altre punizioni corporali e, in casi ancora più gravi, la morte. Il capovolgimento gerarchico prevedeva che i padroni si scambiassero di posto con i propri schiavi, li servissero a tavola e che non potessero cibarsi essi stessi finché gli schiavi non avessero mangiato e bevuto a loro piacimento. Senza dubbio nella settimana dei Saturnalia Roma era in preda a caos e confusione.
Gli schiavi andavano in giro per la città mascherati e con in testa il berretto frigio (che normalmente veniva posto sul loro capo soltanto in occasione del bramato momento della liberazione, quando cessavano di essere schiavi e diventavano cittadini romani, liberi a tutti gli effetti) abbandonandosi alla più sfrenata baldoria, mentre musici e danzatrici, attori e saltimbanchi improvvisavano ovunque i loro spettacoli. In quei giorni si potevano fare scommesse e giocare d’azzardo e dare luogo a scherzi d’ogni genere. Tipico della festa era anche lo scambio dei doni, per lo più candele e statuette di terracotta o di cera o perfino di mollica di pane, che alludevano agli uomini soggetti alla sorte e al “gioco” degli dèi.
Questo scambio di doni somiglia molto a quanto avviene nel nostro Natale. Un altro stupefacente parallelismo con i giorni nostri è relativo al fatto che i festeggiamenti del “Sol Invictus” erano immediatamente seguiti dalle “Sigillaria“: una festività dedicata ai bambini in occasione della quale si regalavano loro dadi, anelli e piccoli oggetti in pietra o tavolette dipinte.
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Commenti
Lillo Taverna Civis romanus ormai da oltre mezzo secolo, posso dichiararmi romano? Oh! come vorrei che in questa mia Roma ancora purtroppo molto papalina e sconciamente francescana potssero risorgere imperiose queste nostre millenarie tradizioni, radici, cultura. Ovvio mi riferisco al fascino dei SATURNALI, ovvio col divieto del Natale dell'estraneo biondo Nazareno.

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