sabato 26 dicembre 2015

flora racalmutese


g) La flora e questioni botaniche.

 

Racalmuto ha per il momento la fortuna di venire, sotto il profilo floro-faunistico – indagato e fotografato dall’appassionato e competentissimo dott. Giovanni Salvo, che sta davvero colmando, almeno qui, lacune secolari. Gli si dovrà tanta gratitudine per le sue pubblicazioni, corredate da splendide fotografie, sui lineamenti floristici e vegetazionali del territorio di Racalmuto.

Il nostro territorio – amcor più di quello di Milena – è «fortemente antropizzato e ricco in specie annuali, nitrofile, mentre esempi di vegetazione naturale si rinvengono nelle zone impervie e nei calanchi in quanto non adatte all’impianto di culture.» [1] Si può affermare che vi attecchiscano oltre 400 entità floristiche che vivono allo stato spontaneo. La maggior parte di esse è annuale (terofite), le altre sono erbe perenni o perennanti (emicriptofite e geofite) o arbusti ed alberi (camefite e fanerofite). Da segnalare: la biscutella lyrata (Cruciferae), il lathyrus odoratus L. (Leguminosae), l’Ononis oligophilla (Leguminosae); la Pimpinella anisoides (Umbelliferae); il Tragopogon porrifolius L. subsp. cupani (Guss.) Pigna; la Crepis vesicaria L. subsp. hyemalis ( Biv.) Babc. (Compositae). Ed inoltre: l’ Erysimum metlesicsii Polatschek (Cruciferae), l’ Astragalus huetii Bunge (Leguminosae), la Lavatera agrigentina Tineo (Malvacee).

Gli studi sulla confinante Milena hanno portato al seguente censimento della vegetazione (estensibile ovviamente anche a Racalmuto):

Vegetazione degli ambienti rupestri con queste presenze: Diplotaxis crassifolia (Rafin.) DC., Erysimum metlesicsii Po., Silene fruticosa L., Athamanta sicula L., Sedum dasyphyllum L. Cheilanthes fragrans (L.) Swartz;

Garipa a Thymus capitatus (L.) Hoffm. et Link con queste presenze: Thymus capitatus, Cistus Creticus L., Teucrium flavum L., Teucrium fruticans;

Prateria steppica ad Ampelodesmus mauratinicus (Poiret) Dur. et Sch.., con queste presenze: Ampelodesmos mauritanicus, Anthyllis maura  G. Beck, Psoralea bituminosa L., Kundumannia sicula (L.) DC, Festuca coerulescens Desf., Hyoseris radiata L., Dactylis hispanica Roth, Brachypodium distachyum (L.) Beauv., Hypochoeris achyrophorus L., Reichardia picroides (L.) Roth, Coronilla  scorpioides Koch, Scorpiurus muricatus L., Asperula scabra Presl., Hedysarum spinosissimum L., Urginea maritima (L.) Baker, Convolvulus atltheoides L., Anemone hortensis L., Asparagus acutifolius L., Rubia peregrina L., Dafne gnidium L., Cistus creticus L.;

Prateria steppica a Lygeum spartum L., con queste presenze: Lygeum spartum L., Catananche lutea L., Scabiosa dichotoma Ucria, Daucus aureus Desf., Eringyum dichotomum Desf., Lavatera agrigentina Tin., Ononis oligophylla Te., Aster sorrentinii (Tod.) Lojac.;

Vegetazione ad Arundo pliniana Turra, con queste presenze: Arundo pliniana, Cirsium scabrum (Poiret) Dur. et Barr;

Vegetazione nitrofila e subnitrofila, con queste presenze: . (durante il periodo estivo-autunnale) Kickxia spuria (L.) Dum. Ssp. Intergrifolia (Brot.) Fern., Chrozophora tinctoria (L.) A. Juss., Euphorbia chamaesyce L., Picris echioides L., Diplotaxis erucoides (L.) DC., Heliotropium europaeum L.,  Sonchus oleraceus L., Chenopodium opulifolium Schrader, Chenopodium vulvaria L., Ecballium elaterium (L.) A. Richard, Solanum nigrum L., Aster squanatus Hieron, Cynodon dactylon (L.) Pers., Polygonum aviculare L., Colvolvulus arvenis L., Delphinium alteratum Sibch. Et Sm., Conyza bonariensis (L.) Con., Ammi visnaga (L.) Lam; (durante quello invernale primaverile) Calendula arvenis L. Galactites tomentosa Moene, Centaurea Schouwii, Carlina lanata L., Reichardia picroides (L.) Roth, Hypochoeris achryrophorus, Fedia cornucopiae (L.) Gaerner, Linaria reflexa (L.) Desf., Echium plantaginum L., Borago officinalis L., Cerinthe major L., Lavatera trimestris L., Euphorbia helioscopia L., Geranium dissectum L., Hedysarum coronarium L., Hippocrepis unisiliquosa L., Scorpiurus subvillosus L., Lotus ornithopodioides L., Trifolium nigriscens Viv., Trifolium resupinatum L., Trifolium lappaceum, Trifolium squarrosum L., Melilotus infesta Guss., Lathyrus odoratus L. Lathyrus ochrus (L.) DC;  (vegetazione infestante il grano) Neslia paniculata (L.) Desv., Torilis nodosa (L.) Gaertner, Carduus pycnocephalus L., Bupleorum lancifolium Hornem, Papaver hybridum L., Ranunculus arvenis L. Bromus rubens; (terofite a ciclo invernale-primaverile) Legousia falcata (Ten.) Fritsch, Anacyclus tomentosum (All.) DC, Rhagadiolus stellatus (L.) Gaertner, Galium tricornutum Dandy, Ridolfia segetum Moris, Allium nigrum L., Gladiolus italicus Miller, Phalaris brachystachys Link, Phalaris paradoxa L., Ornithogalum pyramidale L., Asperula arvenis L., Filago pyramidata L., Euphorbia exigua L., Rapistrum rugosum (L.) ALL., Sinapis arvensis L., Brassica nigra (L.) Koch, Leopoldia comosa  (L.) Parl, Scandix pecten.veneris L., Medicago polymorpha L.,  Sherardia arvenis L., Lolium rigidum Gaudin, Sonchus asper (L.) Hill, Cichorium intibus; (vegetazione antropogena ai margine delle strade) Chrysanthemum coronarium L. (Crisantemo giallo), Malva nicaeensis All., Anacyclus tomentosum (All.) DC., Hordeum leporinum Link, Notobasis syriaca (L.) Cass., Bromus madritensisi L., Echium plantagineum L., Galactites tomentosa Moench, Erodium malacoides (L.) L’Her., Convolvulus althaeoides L., Beta vulgaris L., Foeniculum vulgare Miller;

Praticelli effimeri a sedum caeruleum L. su gessi, con queste presenze: sedum caeruleum L. (Borracina azzurra), Sedum micranthum Bast., Hypocoeris achyrophorus  L., Campanula erinus L., Poa bullosa L., Valantia muralis L., Trifolium scabrum L., Medicago minima (L.) Bartal., Linum strictum L., Bromus fasciculatus Presl., Trifolium stellatum L., Stipa capensis Thunb., Crupina crupinastrum (Moris) Vis., Vulpia ciliata Dumort, Scilla autumnalis L., Ononis reclinata L., Ononis sieberi Beser? Rumex bucephalophorus L., Arenaria leptoclados Guss., Polygala monspeliaca L. Sideritis romana L.;

Vegetazione degli ambienti acquatici, con queste presenze: Populus nigra (pioppo nero, ma molto raro), Tamarix africana Poiret, Phragmites communis Trin. (Cannuccia di palude), Equisetum telmateja Ehrh., Nasturtium officinale R. Br., Apium nodiflorum (L.) Lag., Juncus bofonius.

 

Spigolando dal più divulgativo testo di Pratesi e Tassi, a Racalmuto si attagliano le formazioni vegetali dell’intera Sicilia, fatta eccezione della diffusione del castagno (Castanea sativa) sull’Etna, «ad opera dell’uomo» [2] Per il resto, possiamo anche essere pedissequi: «Gli “orizzonti-climax” presenti nell’isola, e cioè le formazioni più stabili e caratteristiche, sono essenzialmente quatro»  e cioè:

l’Oleo-ceratonion, «che prospera nelle parti più basse e litoranee, e che consiste in una macchia sempre verde mediterranea i cui elementi più importanti sono l’oleastro (Olea oleaster), il carrubo (Ceratonia siliqua) e, a tratti, la inconfondibile palma nana (Chamaerops humilis), unica palma spontanea del bacino mediterraneo. Per lo più, però, questa vegetazione è scomparsa [e al suo posto prospera] una tipica graminacea dei luoghi arifìdi, la Stipa tortilis.» Altre piante del territorio: il lentisco (Pistacia lentiscus), la fillirea (Phillyrea angustifolia) e altri arbusti della macchia mediterranea;

«a livello leggermente più elevato vive la seconda associazione, quella del Quercion ilicis, costituita da una foresta sempreverde mediterranea a quercia, e soprattutto a leccio (Quercus ilex) e sughera (Quercus suber)». Su una radura nella parte nord del Castelluccio, rimangono ancora alcuni esemplari di “aggliannari” (in Traina, vocabolario siciliano: “agghiannara” o “agghiandra” = “frutto della quercia, del cerro, del leccio, e cibo dei porci: ghianda”). Nei recenti tentativi di forestazione poteva benissimo darsi impulso a siffatta piantagione, creando altresì le premesse per un ritorno alle porcilaie tradizionali ove i maiali possano venire depurati, dai mangimi transgenici,  con “aggliannari” per il ripristino delle ineguagliabili salsicce dei miei tempi, di cui trovo testimonianze addirittura in carte del ‘600 conservate in Matrice;

«più in alto ancora sta l’orizzonte del Quercion pubescentis, o delle latifoglie eliofile, nel quale normalmente domina la roverella (Quercus pubescens), ma assai più spesso la degradazione ambientale ha lasciato solo una formazione a prateria steppica che ha per protagonista un’altra graminacea (Ampelodesmos tenax). Qualche volta, in luoghi più freschi e umidi, prende il sopravvento un’altra specie di quercia spogliante, il cerro (Quercus cerris).» V’è qualcosa del genere nello sprofondo di Sant’Anna, dopo la grotta dell’innamorata? In ogni caso, chissà se nel divisato recupero a fini turistici del Castelluccio troverà posto un rimboschimento con vegetezione autoctona, consona all’orizzonte del Quercion pubescentis!

Non dovrebbe altresì riguardare Racalmuto «il piano superiore, montano … del Fagion silvaticae, che ospita le residue formazioni di faggio (Fagus silvatica): qui un interessantissimo endemismo, l’abete siculo (Abies nebrodensis), oggi quasi distrutto, doveva in passato avere notevole diffusione.» Speriamo che, sempre al Castelluccio, possano tentarsi resurrezioni arboree di autoctone faggete.

 

Continuiamo a citare: «Purtroppo questa successione di ambienti è ormai in gran parte alterata e ridotta. Solo qua e là ne rimangono frammenti importanti e significativi, come avviene per le quattro specie di pini presenti in Sicilia allo stato spontaneo, di cui non sussistono ormai che esigue colonie: dal pino laricio (Plinus laricio) sul massiccio etneo, al pino domestico (Pinus pinea) sui Monti Peloritani; dal pino marittimo (Pinus noster) di Pantelleria, al pino di Aleppo (Pinus halepensis) delle pendici dell’altipiano meridionale e di varie isolette circumsiciliane.»

Il pino siciliano è ormai entrato nella più pretenziosa letteratura. Artefice principale: il pino di Pirandello. E si sa che anche il nostro Sciascia ebbe a dire la sua; a dire il vero riportando le apprensioni di un grande entemologo agrario racalmutese Giovanni Liotta, titolare di cattedra all’Università di Palermo. Sciascia lo ebbe presente nelle sue conversazioni – in articulo mortis – con il defunto giornalista Domenico Porzio e l’apprezzamento elagiativo, cui certo Sciascia non indugiava –nel bellissimo libro “Fuoco all’Anima”, purtroppo oggi censurato dalla famiglia. Lo Scrittore si era rammentato di una notizia sul pino di Pirandello che stava per morire che gli era stata fornitagli nell’autunno del 1988, quando già il Liotta era dal febbraio “professore di Ia” dell’ Istituto di Entomologia Agraria di Palermo. Il Liotta ci fornisce ora la versione autentica di quell’episodio [3] commentando: «Quando riferivo di questa notizia Leonardo Sciascia non annuiva, non dissentiva, non faceva alcun cenno palese che desse la certezza di un suo interesse. […] La notizia di mummificare il pino in realtà l’aveva fatto inorridire. […] Leonardo era fatto così: era un grande, paziente e infaticabile ascoltatore e quello che ascoltava, lo scremava, lo elaborava e, se necessario, lo riproponeva sotto una prospettiva di grande interesse.»

Anche Racalmuto ha il suo pino “letterario”: quello della casina di campagna dei matrona alla Noce. Lo rievoca Sciascia, lo celebra Bufalino ( … mantello verdissimo, sormontato all’orizzonte da un antico albero solitario …. [4]), ne coglie l’ineffabile incanto, in un momento di corrusca tempesta, il fotografo Pietro Tulumello (e qui davvero Sciascia ha malie evocative: un paesaggio del tutto simile all’Amor sacro e all’Amor profano del Tiziano: e la sera trascorre in esso come una delle tizianesche donne serene ed opulente[5]). Noi continuiamo a mirare le chiomate piante che ancora avvolgono la casina di campagna del Barone Tulumello, al Cozzo della Loggia, sotto il Serrone. Ma quanto resisteranno?

 

un micro orto botanico per Racalmuto

 

Auspichiamo che i denudati cozzi attorno alla Fondazione Sciascia ospitino un micro-orto botanico ove si rinserrino le piante ed i fiori cari a Sciascia. Come, ad esempio, le magnolie e non tanto per il loro profumo o perché queste «splendevano  … [come] luminose e profumate donne, di mai più vista bellezza» [6] E si ricostituiscano le sciasciane “siepi di fichidindia” [7] e non manchi un tocco rievocativo «dell’intensa coltivazione di alberi di noce» con «quei grandi alberi che i contadini chiamano di bellu vidiri, con disprezzo: cioè belli a vedersi ma inutili: il corbezzolo, il caccamo, qualche varietà di ficus. E ci sono gli orti. E queste sono le oasi, nella gran calura del giorno; né manca, a darne l’illusione, la palma. La palma de oro y el azul sereno:  e questo verso di Machado, palma d’oro in campo azzurro, è diventato per me una specie di araldico simbolo del luogo.» [8] E noi auspichiamo anche che nell’«orto» sciasciano abbiano rimembrante dimora le piante, i fiori, le erbe e pure le gramigne di autoctona progenie racalmutese. Vorrà il chiarissimo prof. Liotta collaborare ad un siffatto progetto? Vi è contrario il competentissimo dott. Salvo?

 



[1] ) Cosimo Marcenò – lineamenti floristici e vegetazionali del territorio di Milena (CL), in Dalle Capanne alle “robbe”, op. cit., pp.37-41.
[2] ) Pratesi e Tassi, Guida alla natura della Sicilia, op. cit. p. 10.
[3] ) Vds. Malgrado tutto, novembre 1999 – n. 5 p. 17.
[4] ) Leonardo da Regalpetra, Racalmuto 1990, p. 8
[5] ) Gli amici della noce, Fondazione Leonardo Sciascia – Racalmuto 1997 – p. 11.
[6] ) ibidem, p. 7.
[7] ) ibidem, p. 7.
[8] ) ibidem, p. 11.

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