sabato 31 ottobre 2015

Accadde a sera di maggio

Silvano Messina ha scritto un romanzo che se non è storico passerà alla storia, magari alla storia di questo nostro glorioso paese che è Racalmuto- S'intitola ACCADDE ALL'ALBA e sarebbe l'alba del 6 maggio 1622 quando stando affacciato sul balcone delle due torri del castello chiaramontano Girolamo (che si dice II) fu impallinato dal servo Di Vita in quel di Racalmuto.

Per Sciascia A SERA "i racalmuteseti- per esigenze letterarie li chiama regalpetresi - certo mangiarono con la salvietta, come i contadini dicono per esprimere solenne soddisfazione."

Sciascia si avvale delle Memorie di Tinebra Martonana, in un certo senso avvalorandole più del dovuto e nelle sue Parrocchie trascrive un passo tratto da questa pagina che noi riportiamo integramente. "Capitolo IX  - Il conte Girolamo II del Carretto. [pag. 125 del volume di cui disponiamo] Successe al padre Giovanni nella contea di Racalmuto l'anno 1608. Elesse per sua dimora il nostro Comune e sposò una certa Beatrice, di cui si ignora il cognome e da cui ebbe due figli: Giovanni e Doroteo.

Durante la sua denominazione avvenne che molta gente del nostro Comune, costretta dalla esorbitante serie di balzelli, incominciò ad abbandonare la sua patria. La causa di tale defezione era la seguente. Oltre alle numerose  tasse e donativi e imposizioni feudali, che gravavano sui poveri vassalli di Racalmuto, i suoi signori erano soliti esigere sin dal secolo XV, due tasse dette del 'terraggio' e del 'terraggiolo' dagli abitanti delle campagne e dai borgesi. Questi balzelli i del carretto solevano esigere non solo da coloro che coltivassero terre del loro stato, benché le possedessero come enfiteuti, e ne pagassero l'annuale censo, ma anche da coloro che coltivassero terre non appartenenti alla contea, ma che avessero loro abitazione in Racalmuto. Ne avveniva dunque che questi ultimi dovevano pagare il censo , il terraggio ed il terraggiolo a quel signore a cui si appartenevano le terre, ed inoltre il terraggio ed il terraggiolo al signore feudale del nostro Comune. Così misera era la condizione di quei tempi! Ed il povero agricoltore, abbeverato di stenti e sudori, quando agli altri arrideva la speranza di un ricolto, vedeva rubarsi il frutto delle sue fatiche, e restava misero e con la famiglia senza pane, e, se quell'anno era carestia, il signore per rivalersi del suo preteso avere, lo cacciava dal tugurio, Ne sorsero malcontenti, tentativi di sollevazione, poi, come si è detto, molte famiglie, detto addio a loro casette ed ai parenti, fuggivano da Racalmuto e, col cuore stretto d'angoscia e di disperazione, s'affidavano a più umano signore.
Girolamo II del Carretto, non migliore dei suoi padri, anzi più grifagno ed assetato. comprese subito con quanto gran danno suo ciò avvenisse  e, per non perdere il vassallaggio, simulò bontà d'animo.

Già i borgesi di Racalmuto, forti nei loro diritti, avevano intentata una lite contro quel signore feudale, per ottenere l'abolizione delle tasse ...

... Racalmuto ebbe, al pari di altri comuni demaniali, la sua rappresentanza municipale, la sua 'Universitas', ma quasi solo di forma. Nel barone o conte s'accentrava ogni potere. I preti, classe erano esenti da ogni tassa e, per sollecitarne vieppiù i favori, o non entravano in lizza, o davan man forte al signore feudale."

Queste pagine sono state oggetto di miei riscontri in decennali ricerche presso i vari archivi, da quello vaticani a quelli ecclesiastici di Agrigento ai vari Archivi di Stato da Roma a Palermo e Agrigento. Abbiamo setacciato pure le carte abbondanti e preziose della Matrice di Racalmuto. Abbiamo trovato materiale a iosa. Lo abbiamo pubblicato. In poco convergono con la romantica, massone, imberbe narrazione del Tinebra,  sodale dei Tulumello. Martorana è il nome della mamma. Proveniva dal "popolino" come si diceva sin poco tempo fa a Racalmuto. In un certo senso se ne vergognava. Questo non lo rende perspicuo nel far storia. Manca obiettività, approfondimento, sagacia erudita.

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