mercoledì 23 settembre 2015

fascismo di paese fine


«Minuta M.I. del 4.8.1933: [Accenno ai fatti di Parigi, ma dopo:] ‘questo Ministero prende atto delle favorevoli informazioni fornite dal N.R. Console di Nizza e con provvedimento di pari data dispone la di lui radiazione dal casellario di frontiera e dal novero dei sovversivi.

«8.4.1939: Revoca iscrizione.

«21.12.1940: Picone Chiodo qui domiciliato [Roma] da molti anni in via Compagnoni, 10 non dà luogo a rilievi e nei confronti del Regime mantiene atteggiamento indifferente. Risulta di regolare condotta morale. Esercita la professione di avvocato penale, versa in discrete condizioni economiche.

«28.8.1942: Non dà luogo a rilievi.»

 

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Lo schedato Edmondo Sacrdoti è un avvocato romano, palesemente ebreo, che con Racalmuto ha in comune solo il fatto di esservi casualmente nato. Il padre - ignoriamo il perché - era astretto alle locali carceri e la moglie, che lo aveva seguito in questa sperduta cittadina dell’agrigentino diede alla luce proprio qui a Racalmuto il piccolo Edmondo il 27 aprile 1888: questo dicono gli atti dello stato civile che siamo andati a rintracciare. Il Sacerdoti non fu poi un grosso antifascista: passa una notte in gattabuia, pensiamo per svista della polizia. Lo stesso Mussolini si premura il giorno dopo di farlo mettere in libertà. Ecco quanto annotato nello schedario (15):

«10 dicembre 1929 - Ministero Interno - Polizia Politica: L’avv. Edmondo Sacerdoti, già iscritto nel partito socialista e noto per le cariche che occupò nel partito stesso nella Capitale, si è allontanato da qualsiasi movimento politico. [Scheda intestata a:] Sacerdoti Edmondo di Cesare e fu Fogger Isabella, nato a Racalmuto (Agrigento) il 27.4.1888. Avvocato residente a Roma - Socialista.»

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L’ultimo inquisito - anche in ordine di tempo - dalla polizia fascista ha poco a che fare con

l’antifascismo: sembra un piccolo Sindona anzitempo che cerca di truffare ebrei romani con

promesse di trasferimenti all’estero di capitali per il tramite delle organizzazioni finanziarie

del Vaticano. In combutta con un console della M.V.S.N., il racalmutese Everardo Messana,

trasferitosi a Roma nel 1928, dopo essere messo in congedo dall’Arma dei Carabinieri Reali,

incappa in due ordini di confino politico per tre anni ciascuno nel 1934 e nel 1939 (16).

Questo il profilo ricavabile dai vari rapporti di polizia.  Ecco quello che scrive la Regia

Questura di Roma  in data 10 febbraio 1934:«Messana Everardo fu Angelo e di Marchioni

[rectius: Mantione] Vincenza, nato a Racalmuto (Agrigento) il 16.9.1902, abitante in Roma

Via Principe Eugenio n. 22 - Denunzia per il confino di Polizia.«Questo Ufficio si è testè

interessato [...] della losca attività affaristica svolta da alcuni individui nelle varie ambigue

categorie di tenutari di case di prostituzione, di biscazzieri e di venditori di fumo. Tra questi è

emersa, in pieno, la figura del nominato MESSANA Everardo. Prospettatasi la bbraio

1934:«Messana Everardo fu Angelo e di Marchioni [rectius: Mantione] Vincenza, nato a

Racalmuto (Agrigento) il 16.9.1902, abitante in Roma Via Principe Eugenio n. 22 - Denunzia

per il confino di Polizia.«Questo Ufficio si è testè interessato [...] della losca attività affaristica

svolta da alcuni individui nelle varie ambigue categorie di tenutari di case di prostituzione, di

biscazzieri e di venditori di fumo. Tra questi è emersa, in pieno, la figura del nominato

MESSANA Everardo. Prospettatasi la possibilità di giocare d’azzardo al noto circolo

Casanova della Capitale, il Messana si assunse la garanzia del pacifico esercizio del giuoco,

a condizione che si fosse versato un premio ‘ai suoi amici della Direzione Generale di P.S.’

di L. 200.000 ridotte poi a 150.000. Tale riduzione, però, com’egli fece comprendere

costituiva per lui un grande sacrificio, in quanto ben poco avrebbe avuto di tale somma. Nel

settembre scorso, essendogli stato parlato dell’eventualità dell’istituzione in Acqui di una

casa dell’Interno. Esso Messana ne parlò al dott. Guido Albergo, già confinato da codesta

On. Commissione, che gli aveva detto di far parte dell’O.V.R.A. e di avere forti addentellati

presso la Direzione Generale della P.S. [..]«E’ agevole rilevare quanta speciosità vi sia nelle

dichiarazioni del Messana i cui rapporti coll’Albergo costituiscono una riprova della sua

attività millantatrice, diffamando le Utorità Statali e la Polizia in ispecie, con l’insinuare la

possibilità, se non la certezza, di poter corrompere funzionari di ogni grado. [..]»Abbiamo,

poi, da un rapporto informativo della Legione Territoriale de Carabinieri di Roma del 3 luglio

1939:«Messana Everardo fu Calogero e fu Mantione Vincenza, nato a Racalmuto (Agrigento)

il 6 settembre 1902, vedovo senza prole. Dal 18 aprile [1939] è associato alle locali carceri

giudiziarie. E’ di razza ariana e professa la religione cattolica. Ha prestato servizio militare

nell’Arma dei CC.RR. dal 24 gennaio 1922 al 23 gennaio 1928, data sotto la quale fu inviato

in congedo dalla legione territoriale di Roma, col grado di brigadiere. Il 12 febbraio 1934,

dalla commissione provinciale di Roma, fu assegnato al confino politico, per la durata di anni

3, per avere in Acqui promesso di far ottenere licenza per casa da giuoco, vantando

inesistenti aderenze ed assicurando di essere in grado di corrompere funzionari. Il 10

gennaio 1937, dopo aver scontata la pena, rientrò dal confino. In conseguenza di tale

precedente, con Decreto del Ministero della Guerra n. 21 in data 5 giugno 1935, venne

radiato dai ruoli dell’Arma ed assegnato come soldato di fanteria in congedo del Distretto

Militare di Roma 1°. Il 19 agosto 1938, fu denunziato

 

 

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dal Commissariato di P.S. Celio, per tentata truffa in danno di varie persone, per aver assicurato loro di essere in grado inviarli in A.O.I. in qualità di autisti mediante compenso, ma il relativo processo non è stato ancora discusso. [...] Recentemente ha svolto illecita attività in materia valutaria ed infatti il comando del Nucleo di Polizia Tributaria Investigativa di Milano, in seguito ad indagini eseguite in quella sede, venne a conoscenza che sulla piazza di Roma, venivano offerti ingenti quantitativi di valuta estera provenienti dallo Stato Città del Vaticano, contro versamenti in lire italiane ad un cambio molto superiore a quello ufficiale. [...]

«Sangalli Massimo dichiarò di aver conosciuto casualmente verso la fine dell’anno scorso, certo Angeli Giulio, il quale gli aveva comunicato che lo Stato Vaticano era in possesso di forte quantitativo di divisa estera appartenente all’obolo di S. Pietro, che desiderva convertire in lire italiane, ad un cambio maggiorato di circa 70% rispetto a quello ufficiale. L’operazione di cambio in argomento era, secondo l’affermazione dell’Angeli, completamente legale, perché il cambio veniva eseguito non in Italia ma nello Stato Vaticano, mentre il passaggio della valuta tra il Vaticano e l’Italia era perfettamente libero. Secondo l’Angeli le lire italiane ricevute dal Vaticano in dipendenza di tale attività, sarebbero state versate, sempre da tale Stato a quello italiano, in conto spese di Spagna ed altro. [...]

«Il Sangalli stava quindi, per porre in relazione il supposto procuratore della ditta ‘Lagomarsino’ (che altro non era che il sottoufficiale del Nucleo di P.T.I. di Milano) con certo Messana Everardo, giunto in quel momento accompagnato dall’Angeli, il quale avrebbe dovuto procurare la divisa estera, costituita da sterline per un controvalore di un milione di lire al cambio di 160. [...]

«Successivamente interrogato, il Messana confermò la dichiarazione del Carrara ma precisò che non intendeva eseguire alcuna illecita operazione valutaria in quanto agiva per conto del console della M.V.S.N. sig. Panphili Entico. [...]

«Da quanto sopra è esposto, risulta provato che il Messana Everardo ha esplicato una attività rilevante, diretta a concludere operazioni valutarie per l’importo di un milione di lire italiane, dichiarando ai contraenti cio quali era entrato in rapporto, che la divisa estera doveva essergli fornita dallo Stato Città Vaticano. [..]»

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Le farragini  della letteratura locale e le nostre ricerche negli archivi (specie in quelli romani) forniscono un quadro che crediamo interessante sullo squarcio di vita racalmutese agli esordi dell’avvento del Regime: negare che almeno inizialmente vi sia stato qualche focolaio antifascista evidentemente non si può. Ma esso fu pochissima cosa, riducibile agli strascichi dell’attivismo di alcuni dirigenti locali del socialismo rivoluzionario. Col 1926, però, tali rimasugli si dissolsero completamente. La statura morale ed ideologica degli uomini del socialismo racalmutese non svetta di certo. Qualche legame con il movimento comunista sembra esservi stato. Il Messana vi si diffonde, ma con evidente enfasi di parte. Racalmuto, ancor prima degli anni del consenso che secondo il De Felice abbracciano il periodo 1929-1936, fu fascista in modo entusiastico e radicale, Dal 1927 senza dubbio. Sciascia ironizza sulla frase ‘fascista sino al midollo’: ma nel nostro caso una qualche rispondenza al vero quel motto di Mussolini ce l’ha. Grande merito di ciò è da attribuire alla figura del primo podestà Enrico Macaluso, esaltato persino dallo stesso Sciascia, bistrattato dal Messana che, però, alquanto contraddittoriamente, finisce col fornire un quadro di positività, almeno per quanto attiene alle doti di onestà amministrativa del Macaluso. E non è poco, come l’attuale rivolta morale contro tangentopoli ampiamente dimostra.

 

 

Prodromi, avvento ed affermazione del fascismo a Racalmuto.

 

Risulta alquanto singolare che il primo momento d’interesse per il fascismo si consumi, a Racalmuto, nell’esclusivo e nobiliare circolo Unione. Era il sedici gennaio 1921. Nel sodalizio reso celebre da Sciascia nelle sue Parrocchie di Regalpetra si volle l’abbonamento al giornale di Mussolini “Popolo d’Italia”. Quali movivi vi sottendessero non è dato di sapere. Il verbale n. 4 recita testulamente:

«Abbonamento al giornale Popolo d’Italia: Indi [il 16.1.1921] postoa in discussione l’abbonamento al giornale “Popolo d’Italia”, esperitasi la votazione, riesce approvato a maggioranza di voti. Previa lettura e conferma il verbale si sottoscrive. Il presidente: Bartolotta; I soci: G. Grillo e S.Messana - Il Segretario: Sciascia.»

Non si raggiunge l’unanimità, come di solito. Si fa firmare il verbale, inconsuetamente a due soci. Il presidente è Bartolotta, all’epoca potente vicesindaco e notabile del luogo che l’opinione pubblica accreditava come referente della mafia del territorio.

La verbalizzazione del Circolo Unione - diversamente, ad esempio, da quella del Muotuo Soccorso - è estrememante succinta ed è del tutto rituale: ciò conferisce maggior risalto a questa nota sull’abbonamento al giornale di Mussolini agli albori del fascismo. Pensiamo che quell’atto da parte dei ‘galantuomini’ racalmutesi si debba alla svolta, notatasi anche in paese, dell’opinione pubblica, in accentuata fase di disaffezione verso il movimento socialista, in auge nel biennio precedente. Un riscontro lo troviamo nella verbalizzazione del cennato Mutuo Soccorso di Racalmuto. Citiamo da un lavoro dattiloscritto disponibile presso quel circolo (17 :

« Il 18 aprile 1920, il Mutuo Soccorso aveva avuto anche  un momento di simpatie socialiste. Ciò, per merito del Vice Presidente Giuseppe SCIASCIA. In una seduta consiliare,        sovraccarica di lavoro ed alquanto disordinata, inopinatamente il sig. Sciascia Giuseppe di Giuseppe propone di abbonare il  circolo all'«AVANTI!». Il Presidente (ricopriva allora quella          carica il sig. Restivo Pantalone Salvatore, un benpensante con nessuna simpatia socialista) «propone di respingere la  proposta avendo scopo di sovvertimento della Società». Le         votazioni dànno, però, torto al Restivo Pantalone: «su nove aventi diritto al voto, viene approvato l'abbonamento con voti  sei contro tre». Non è comunque nelle intenzioni dello Sciascia stravincere o dare troppo peso politico all'episodio. Questi fa verbalizzare che «tiene a dichiarare che,       contrariamente all'allusione fatta dal Presidente nel ritenere  che l'abbonamento al giornale Avanti sia fatto nell'esclusivo interesse di sovvertimento della nostra società, ha creduto <invece> sottoporre all'approvazione del Consiglio l'abbonamento in parola per scopo  soltanto istruttivo e        per allargare le cognizioni culturali della società.» Ancor più contrario a quel vezzo socialista  il controllo Vincenzo Tinebra. Ma questi non può votare. Si attacca allora all'espediente di rimettere la decisione all'assemblea «trattandosi di un giornale con scopi rivoluzionari e sovversivi». Ma il V. Presidente si oppone perché «ciò non è  competenza dell'assemblea». Il consiglio è d'accordo col V. Presidente. La faccenda ha un seguito: il Presidente Restivo Pantalone è uomo d'onore e, quindi, si dimette dalla carica. Porta a scusa  di essere stato trattato «con poca cordialità         dall'amministrazione». Tante insistenze e la smentita per il tramite di una commissione non valsero a farlo desistere da quelle dimissioni. Ciò agevola il Vice Giuseppe SCIASCIA, che finisce col diventare il numero  uno del circolo. Segue il Restivo Pantalone nelle dimissioni anche il controllo Vincenzo Tinebra, che peraltro  gli era 'congiunto'. La vicepresidenza SCIASCIA dura, ad ogni buon conto, lo spazio di un mattino. Non ci vien detto neppure perché: le sue dimissioni vengono approvate all'unanimità il giorno 27 maggio 1920. In seconda convocazione, annota il segretario Giuseppe Collura. Subentra nella presidenza Giovanni FANTAUZZO. [...]

« L'anno 1921 si apre con una nuova amministrazione, stavolta tutta conservatrice ed antisocialista. Vi sono tagli persino dittatoriali. Ne è alfiere un personaggio insospettabile sotto tale veste: IGNAZIO INFANTINO.  Viene strappata mezza pagina del libro dei verbali. La calligrafia si fa rototondeggiante, linda, precisa. Lo stile è  curato. Col 31 gennaio 1921, inizia una nuova epoca al  circolo. Contrassegna la restaurazione il nuovo presidente Ignazio Infantino. La sua amministrazione era stata eletta  sulla base di una lista che, per la prima volta, viene        propagandata su fogli dattiloscritti. Il Vice Presidente è la  notoria figura di Baldassare Tinebra. Il vecchio e  antisocialista presidente dimissionario Salvatore Restivo Pantalone accetta, ora, di retrocedere al grado di cassiere,  pur di essere presente nell'opera di recupero conservatore del Mutuo Soccorso. Tra i consiglieri notiamo personalità come Casuccio Salvatore di Calogero o Rosina Salvatore. Calogero Volpe e Vincenzo Tinebra gradiscono la carica di 'controlli'. A portabandiera vengono chiamati Giuseppe Fantauzzo ed Angelo Collura.  La  verbalizzazione della prima seduta del nuovo corso val la  pena di riportarla pressoché integralmente. «Il presidente, visto il numero legale degli intervenuti, dichiara aperta la seduta e delibera quanto appresso:        «1° La Presidenza con l'accordo unanime degli intervenuti, ritenuto che il voto a Vice Segretario era attribuito al  signor Scimè Chiodo Giuseppe di Carmelo, perché egli era il candidato proposto dalla lista di opposizione a quella  ufficiale, lo proclama a Vice Segretario di questo Sodalizio ad unanimità. - 2° Il consiglio Direttivo ad unanimità, compresi i controlli aventi diritto di voto, ritenuto che il giornale L'AVANTI  non risponde alle esigenze delle istituzioni costituzionali, che reggono il nostro Sodalizio, propone la soppressione di detto giornale L'AVANTI, ed ad unanimità si delibera la soppressione, dando mandato al Presidente di sopprimere detto giornale, scrivendo al Direttore di detto giornale, di non più spedire il detto giornale ad onta di essere pagato         anticipatamente. [..]» 

« Nei primi anni del fascismo, la vita del circolo scorre tranquilla e piuttosto anonima. [..]  Qualche segno dell'avvento del regime fascista si ha nel 1926. Il giorno 11 dicembre si verbalizza l'approvazione  dell'abbonamento al giornale IL POPOLO D'ITALIA dismettendo la compera del giornale SICILIA NUOVA. Durante la discussione il Consigliere Luigi VELLA si allontana, intuibilmente per  dissenso. [...] Si ha la forza per rifiutare l'abbonamento al giornale         L'Aquila, nonostante la richiesta promani dalla casa dei Balilla di Agrigento (5 novembre 1929). Ma per il matrimonio  del principe di Piemonte, «ad unanimità il consiglio stanzia la somma di lire trecento» (2 gennaio 1930). Il 10 maggio 1930 (anno VIII) «il presidente mette a voti segreti col sistema delle fagiole, per il prelevamento della somma per pagare le tessere agli iscritti del circolo all'O.N.D. oppure pagare personalmente l'iscritto. Visto il risultato ad unanimità di voti, approva il prelevamento della somma dal fondo di cassa e l'iscrizione a corpo.» L'omologazione fascista si è dunque consumata. Presidente è  Salvatore Mattina fu Gaetano. Segretario: Collura Alfonso. Era        arrivata una circolare mandata dal Podestà, con cui si esigeva l'iscrizione del circolo all'Opera nazionale Dopolavoro. I  tempi della libertà di associazione erano definitivamente tramontati. L'assenso era d'obbligo. [..] Le cariche sociali cessano di essere affidate a libere elezioni. «Ritenuto che la nuova amministrazione - viene verbalizzato, con contorta prosa, il 9 dicembre 1932 - sarà  approvata prima della fine del c.m. per ordine del Commissario Comunale ddel'O.N.D. sig. Mattina prof. Giuseppe, ed in esito alla circolare n. 8 dell'8 c.m.» al consiglio non rimane altro  che procedere ad una commissione consultiva, incaricata di segnalare nominativi graditi.»

 

Per avere un’altra testimonianza della propensione del Circolo Unione verso il fascismo dobbiamo, invece, attendere (18) il 1932. E’ di risalto per la nostra ricerca questo verbale:

«Nomina a Soci Onorari: L’anno millenovecentotrentadue il giorno 26 del mese di giugno alle ore 20,30 nella solita sala delle adunanze si è riunita l’assemblea generale straordinaria dei Signori Soci per discutere e deliberare sul seguente:/ Ordine del giorno/ Nomina a Soci Onorari./ Il Presidente/ constatato il numero legale dei Soci presenti in n. 35 dichiara aperta la seduta ed invita l’assemblea a procedere alla nomina a Socio Onorario del concittadino Sansepolcrista Comm. avv. Giuseppe Pedalino.

«Il Socio Rag. Sciascia Vincenzo a questo punto domanda la parola, ed avutone l’assenso dal Presidente dichiara non solo di aderire toto corde alla proposta per la nomina del Comm. Pedalino a Socio onorario di questo Sodalizio, ma di nominare anche, con lui, gli altri nostri illustri concittadini, Generale Egidio Macaluso, il gesuita Padre Francesco Paolo Nalbone, e il gesuita oratore insigne, Padre Antonio Parisi.

«L’assemblea per acclamazione approva la proposta del Presidente e del Rag. Vincenzo Sciascia e dà incarico al Presidente di comunicare tale deliberato agli illustri nuovi Soci onorari. Dopo di che l’Assemblea si scioglie. Previa lettura e conferma il verbale è approvato e sottoscritto. Il Segretario: Vinci. - Il Presidente: Mendola».

Il Pedalino aveva nel 1930 brigato per farsi riconoscere ‘Sansepolcrista’. Nel 1929 v’era stata la celebrazione del decennale dell’adunata del 23 marzo 1919 di piazza S. Sepolcro. I giornali avevano pubblicato l’elenco dei sansepolcristi desunto dal numero del “Popolo d’Italia” del 24 marzo 1919” ed il Pedalino non c’era. (Cfr., ad esempio, L’Impero - quotidiano fascista della sera, Sabato 23 marzo 1929 - VII). (19 ) L’anno successivo, 56 milanesi - tra i quali il nostro Giuseppe Pedalino - mostravano di avere vinto la loro piccola battaglia per il riconoscimento ufficiale si sansepolcristi, come attesta questo telegramma:

«A S.E. Mussolini roma - ricevuto il 23 marzo 1930 ore 19,18 da Milano 89399 - Presenti alla seduta del 21 marzo partecipanti all’adunata gloriosa del 23 marzo 1919 stop Esprimiamo cordiale devoto ringraziamento pel Vostro pensiero benevolo verso di noi stop Avere posto la vecchia guardia accanto autorità ci commuove ed esalta stop Noi chiediamo di servirVi in ogni ora come nella primissima col giuramento con la fede con l’opera con tutto noi stessi stop Pronti alla buona causa[seguono firme: Giuseppe Pedalino è al quindicesimo posto].»

La retorica dei firmatari non era valsa ad impedire una poliziesca attenzione sul loro conto. Viene annotato  con matita rossa:”tenere in evidenza tutti nomi”, e con matita nera: “Fatte copie per i fasc. rispettivi di tutti i firmatari dell’accluso telegr. -  27.3.1930 VIII”.

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Un episodio del locale consiglio comunale desta l’ilare ironia di Leonardo Sciascia e la corrusca pedanteria di Eugenio Napoleone Messana: l’attribuzione della cittadinanza onoraria nel 1923 a S. E. Benito Mussolini. Annotata Sciasca: (20 )

«Dopo il declino dei Lascuda [vale a dire dei Tulumello, n.d.r.] si formarono due fazioni guidate da professionisti, dominavano i medici, ché allora diversa era la professione del medico, a Regalpetra [alias Racalmuto, n.d.r.] dico; [...] Le due fazioni elettorali non si distinguevano tra loro né per colore politico né per programmi; l’unica distinzione stava nel fatto che una fazione lottava senza la mafia el’altra alla mafia si appoggiava, le possibilità di vittoria stavano dalla parte dei mafiosi, ma un risultato imprevisto poteva avvenire che scattasse, sicché i mafiosi non giuocavano aperto pur gettando tutto il loro peso su una parte. I socialisti, come si dice delle puntate a cavallo nel baccarà, quando il banco né tira né paga, non facevano giouco; l’avvocato [Vincenzo Vella, n.d.r] che al tempo dei Fasci Siciliani aveva coraggio e speranza, mugugnava amarezza e delusione.

«Questa arcadia da cui ogni tanto scappava fuori l’ammazzato prosperò fino al 1923, degnamente chiuse la sua vita con questa deliberazione del Consiglio Cominale:

«”L’anno millenoventoventitre nel giorno quattordici del mese di dicembre alle ore diciotto. Il Consiglio Comunale di Regalpetra [Racalmuto, n.d.r.] in seguito ad avvisi di seconda convocazione, diramati e consegnati ai sensi degli articoli 119, 120 e 125 della legge, si è riunito in adunanza straordinaria nella solita sala municipale con l’intervento dei signori ..., ed all’appello nominale  risultarono assenti gli altri diciannove consiglieri di cui uno morto, ed essendo in numero legale per validità della deliberazione ... PROPOSTA  - Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini - Il presidente rammenta all’onorevole consesso la viva lotta che molti Comuni Siciliani, compreso il nostro, hanno sostenuto presso i passati governi per la soluzione dell’annoso problema idrico. Finalmente, soggiunge, solo il Governo Fascista ha saputo sollecitamente e pienamente accontentare i voti di quanti di quel dono della natura vanno privi. Di fronte a sì alto beneficio, questo Consiglio Comunale, interprete dei sentimenti di tutto il popolo di Regalpetra, non potrà diversamente esprimere la sua riconoscenza e devozione al Governo Fascista che conferendo la cittadinanza onoraria al suo Capo Supremo S.E. Benito Mussolini - IL CONSIGLIO - a voti unanimie con entusiastiche acclamazioni, ripetute dal pubblico assistente, ha conferito la cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini.”

«Così sollecitamente e pienamente il governo fascista risolse il problema idrico che i tubi che dovevano portare l’acqua a Regalpetra giunsero a questo scalo ferroviario nel 1938, furono ammucchiati dietro i magazzini, da principio se ne interessarono i ragazzi, per giuoco vi si inconigliavano dentro, poi l’erba li coprì, restarono dimenticati nell’erba alta. L’acqua arrivò nel 1950, fu festa grande per il paese. In quanto agli undici consiglieri che avevano deliberato per la cittadinanza a Mussolini, un paio restarono nella rete di Mori, gli altri non si iscrissero mai al fascio, masticarono amaro per vent’anni. In compenso furono fascisti quei diciotto (facevano diciannove col morto) che risultarono assenti, e si erano evidentemente assentati per protesta, il giorno della deliberazione.

«Il sindaco quella proposta aveva fatto per guardarsi le spalle, così si illudeva; dopo il telegramma che annunciava a Mussolini la deliberata cittadinanza onoraria, un altro ne fece che denunciava il prefetto come protettore della delinquenza, voleva dire della delinquenza dei fascisti non di quella della mafia: come un fulmine giunse l’ordine di scioglimento del Consiglio comunale, fu nominato commissario il capo dei fascisti regalpetresi. [...]

«Dopo il 23, il diagramma degli omicidi si avalla; poi Mori, con metodi già noti, ramazzò mafiosi e favoreggiatori, ma non si creda riuscisse ad estirparli definitivamente, soltanto nella nostalgia per il fascismo si può credere una simile cosa. Per quel che io ricorso, e più indietro i miei ricordi non vanno, negli anni più euforici del fascismo c’era a Regalpetra, nelle campagne intorno, un latitante cui per comodo tutti i furti e gli incendi di case di campagna, che in quel tempo furono numerosissimi, venivano attribuiti. Fu messa una taglia sul bandito (che era un proveruomo che doveva scontare una condanna per furto, e a costituirsi non si decideva; viveva con le magre tassazioniche ai galantuomini imponeva); e per la taglia lo ammazzarono, gli diedero alloggio e poi l’ammazzarono: e il fratello del bandito sparò poi, in piazza e a mezzogiorno, all’uomo che quel servigio aveva reso alla società, nell’opinione dei regalpetresi fece giusta vendetta. »

Il Messana (21) spoglia del velo della fantasia l’episodio ed il contesto storico della pagina sciasciana, e con il suo solito approccio politicamente fin troppo scoperto, così ricostruisce la vicenda:

«Il Commendatore Bartolotta, ad un certo punto, cominciò a sentirsi in pericolo personale e sentì bisogno di difesa. Era lui il capo gruppo di maggioranza, l’uomo che aveva da tempo un seguito nel paese e che era riuscito a conquistare il comune nel 1920. I capipopolo erano il bersaglio preferito dei gregari del fascismo. Da ciò la persecuzione a Racalmuto e lo sgomento del commendatore. C’era da cercare un pretesto per allontanare l’occhio grifagno dei fascisti dalla compagine consiliare del paese. L’occasione sembrò trovarsi allorchè Mussolini, già nelle sue qualità di capo del Governo del regno d’Italia, s’interessò del problema idrico della Sicilia. Prima del fascismo erano nati, noi l’abbiamo già visto per il paese che trattiamo, molti consorzi fra comuni per l’approvvigionamento idrico delle popolazioni. Tali consorzi però non avevano potuto iniziare la costruzione degli acquedotti, se non tutti, parte di essi, per mancanza di anticipazione di fondi della cassa Depositi e prestiti e per le remore burocratiche nella approvazione dei progetti. A un certo punto Mussolini promosse una legge che snelliva l’iter per lo sviluppo dei consorzi e ne semplificava le operazioni di finanziamento e quindi di realizzazione delle opere. Siccome Racalmuto era un paese già consorziato nelle ‘Tre Sorgenti’, venne ad essere beneficiato da tale provvedimento legislativo. Il commendatore Bartolotta, prese la palla al balzo e chiese al sindaco Scimè di conferire la cittadinanza onoraria del paese a Benito Mussolini. Egli pensava che ciò avrebbe fatto desistere il prefetto dal perseguitare il consiglio ed avrebbe anche allontanato le insidie che si tendevano contro la sua persona. Il sindaco Scimè convocò il consiglio per il 13 dicembre 1923 alle ore 18 con un solo argomento all’ordine del giorno: Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini per avere risolto l’annoso problema idrico della Sicilia.

«Malgrado le pressioni e le preghiere di Bartolotta, il 13 dicembre di quell’anno la seduta rimase deserta. non si potè in modo assoluto raggiungere il numero legale di consiglieri presente. Il 14 dicembre alla stessa ora ebbe luogo la seconda convocazione. Non c’era più bisogno delle presenze della metà più uno dei consiglieri in carica per essere valida l’adunanza, per cui ai sensi degli articoli 119,120, 125 della legge comunale allora vigente, essa ebbe luogo. Il commendatore Bartolotta aveva personalmente pregato tutti i consiglieri di essere presenti, molti avevano promesso di accontentarlo, ma all’appello risultarono presenti solo dieci e precisamente, lui, che venne il primo, il sindaco Nicolò Scimè, Giovanni Macaluso, Nestore Falletti, Salvatore Falcone, Carmelo Licata, Enrico Grisafi, Calogero Scimè, Calogero Bellavia e Luigi Messana. Nelle more per l’inizio della discussione si sguinzagliarono alla caccia di consiglieri tutti gli amici di Bartolotta, non trovarono nessuno, solo Messana Pio, che faceva la siesta a casa nella sua poltrona. Invano tentò di evitare con pretesti di recarsi al consiglio, l’insistenza fi tale che dovette andarci. Quando giunse in aula la votazione era già avvenuta, ma invitato dal Sindaco dovette associarsi, sicché Mussolini diventò cittadino onorario di Racalmuto con undici voti su undici consiglieri presenti e contro diciannove assenti. Le cose sono andate poi in modo alquanto strano: gli undici che votarono sì per la cittadinanza onoraria a Mussolini non divennero mai fascisti, anzi molti di essi rimasero i depositari dell’antifascismo locale, i protestatari, i nostalgici della libertà e furono definiti borbonici, si estraniarono completamente dalla vita pubblica, rimasero a maledire e ad attendere la caduta dell’avventuriero, rinunziando a possibili sistemazioni, non pochi dei diciannove assenti invece si accodarono e scesero in piazza in “giummo” e stivali.

«Il problema idrico Mussolini lo risolvette solo a parole, l’acqua delle Tre Sorgenti, ripetiamo, giunse in paese ben sette anni dopo la caduta del suo governo e cinque anni dopo la sua fucilazione. Non avrebbe potuto impiegare certamente di più se il suo avvento al potere non ci fosse mai stato. Egli si limitò a mandare a Sciacca a spese dei vari comuni S.E. Teruzzi, ministro del suo governo, nel 1925, per mettere la prima pietra dei costruendi acquedotti, in parata tanto solenne che solo a Racalmuto costò L. 1000 di allora. Dopo, vennero le lungaggini, le difficoltà senza possibilità di ricorrere o di parlare.

«Il commendatore Bartolotta, rassicurato dagli applausi dei fascisti presenti in aula allorchè si proclamò in consiglio l’esito della votazione per il conferimento della cittadinanza a Mussolini, tentò anche di costituire lui un fascio di combattimento, sperando di abbattere i fascisti locali.

«Nello stesso tempo indusse il Sindaco Scimè a ricorrere al Ministero contro il prefetto per certe irregolarità commesse in provincia. L’esito di tale azione fu drastico. Il consiglio comunale fu sciolto appena tre settimane dopo il conferimento della cittadinanza al Capo del Governo. Il 7 gennaio si insediò il commissario prefettizio ragionere [sic] Angelo Zambuto. Il commendatore finì in carcere la sua attività politica.»

Tra la versione dei fatti dello Sciascia e quella del Messana vi sono piccole divergenze: certo Messana è più informato, ma la sua prosa e troppo barcollante per effere più efficace. La realtà storica appare, però,  più intricante di quella resa dai due intellettuali antifascisti di Racalmuto. Gli archivi di Stato forniscono ai volenterosi fonti informative puntuali e oltremodo precise. Le carte dell’archivio centrale romano (22) , da noi consultate, consentono questa ricostruzione:

«R. Prefettura di Girgenti - Gabinetto n.° 1266 del  19. 12. 1923. - L’amministrazione comunale di Racalmuto sorta dalle elezioni generali del 1920 con carattere prettamente demosociale, per mancanza di una vigile ed attiva opposizione, si abbandonò ben presto alla inerzia più assoluta, sicura di poter vivere tranquillamente per le condizioni della politica locale e per la protezione che alla stessa veniva accordata dagli esponenti della democrazia in Provincia. Sindaco del Comune fu eletto il Dr. Scimè, ma anima dell’Amministrazione è stato sempre il Dr. Bartolotta Giuseppe, che ha assunto la carica di assessore anziano, e che rappresenta in Provincia uno dei campioni più forti e fedeli della democrazia sociale.

«Con l’avvento del Fascismo al potere cominciarono a muoversi delle timidi e lievi lagnanze contro la detta amministrazione, ma finora ho creduto opportuno di soprassedere dall’adottare alcun provvedimento, stimando doveroso procedere prima alla liquidazione delle amministrazioni a carattere socialista ed anticostituzionale, che non funzionavano o funzionavano male. Esaurito questo compito, credetti di rivolgere il mio pensiero al Comune di Racalmuto e disposi un’inchiesta a carico [.... E’ emerso:]

«- Scarsissima attività del Consiglio: 15 sedute nel 1921; 10 nel 1922 e 7 nell’anno in cors;

«Quasi abbandonato l’ufficio di polizia rurale, lasciando piena libertà alla maffia di scorazzare ed agire impunemente per le campagne, perché le guardie rurali sono adibite ad altro. [...]

«A tutto questo è da aggiungere che la parte migliore della cittadinanza ed il Fascio locale ha sempre intensificato la campagna contro l’attuale Amministrazione della quale sono pure noti i rapporti sia pure indiretti con la maffia, la quale viene se non protetta apertamente, certo lasciata indisturbata a compiere le sue gesta. Tant’è vero che le guardie campestri, anzichè prestare servizio in campagna come dovrebbero, vengono adibite a servizi interni. Trattandosi di un importante comune, sarebbe opportuno che venisse designata come R. Commissario persona capace ed energica, estranea all’ambiente locale [..] Il Prefetto: Reale.

«10 gennaio 1924: Appunto per S.E. il Ministro: Comune di Racalmuto.- Proposta scioglimento Consiglio comunale; popolazione 15.000 - motivi della proposta: ragioni d’ordine pubblico per il pericoloso malcontento della popolazione contro gli amministratori. Numerose irregolarità e deficienze accertate da una recente inchiesta. Non risultano interessamentei.

«Il Prefetto della Provincia di Girgenti, veduto il R.D. 24 gennaio 1924 col quale venne sciolto il Consiglio Comunale di Racalmuto [...] Ritenuto che il Commissario non ha potuto completare la sistemazione della Finanza comunale e dei pubblici servizi e che la situazione dei partiti locali non consente d’altro lato, d’indire subito le elezioni [..] decreta: il termine per la ricostituzione del Consiglio Comunale di Racalmuto è prorogato di tre mesi. Girgenti 16 maggio 1924. Per il Prefetto: F.to Giordano.

  « 19 marzo 1924: Indennità al Commissario straordinario: L. 50 - Il Cav. Enrico Sindico, ex colonnello nel R. Esercito, si è appositamente trasferito da Spezia a Racalmuto [...]

«Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 73 del 26 marzo 1924.

«”Relazione di S.E. il Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’Interno, Presidente del Consiglio dei Ministri, a S.M. il Re, in udienza del 24 gennaio 1924, sul decreto che scioglie il Consiglio comunale di Racalmuto, in provincia di Girgenti, MAESTA’, sul funzionamento dell’amministrazione comunale di Racalmuto, sorta dalle elezioni generali del 1920, è stata recentemente eseguita un’inchiesta che ha accertato numerose irregolarità. L’Ufficio comunale è disorganizzato, privo d’inventario e con scritture contabili deficienti, la situazione finanziaria non è esattamente accertabile, per la trascurata esecuzione delle verifiche di cassa, e per il mancato esame dei conti, non è stato effettuato il passaggio dei fondi dal cessato al nuovo tesoriere. Le tasse, applicate con criteri partigiani, danno un gettito notevolmente inferiore alle previsioni del bilancio, mentre le spese vengono erogate in eccedenza agli stanziamenti e talora senz’alcuna autorizzazione; il dazio è concesso in appalto a condizioni onerose, è stato omesso il reimpiego di somme provenienti da alienazione di patrimonio; lavori e forniture sono state eseguite irregolarmente in economia ed in esse hanno spesso avuto interesse gli stessi amministratori.

«Tra i pubblici servizi sono assai trascurati la nettezza urbana, la pubblica illuminazione, la vigilanza annonaria e la polizia rurale. La disordinata gestione della civica azienda ha provocato nella popolazione un vivissimo malcontento e l’eccitazione degli animi è tale da far temere turbamenti per la pubblica quiete.

«Anche ragioni di ordine pubblico, oltre che la necessità di provvedere senza indugio al riordinamento amministrativo e finanziario della civica azienda, rendono quindi indispensabile lo scioglimento del Consiglio comunale con la conseguente nomina di un Regio commissario, ed a ciò provvede lo schema di decreto che ho l’onore di sottoporre all’Augusta firma della Maestà Vostra.

«Vitt. Emanuele III [..] visti gli articoli 323 e 324 del t.u. della legge comunale e provinciale, approvato con R. d. 4.2.1915 n. 148, nonchè il R.d. 24.9.1923, n. 2074: il consiglio è sciolto [...] il sig. cav. Enrico Sindico è nominato Commissario straordinario con i poteri del R. d. 24.9.1923, n. 2074. Dato a Roma il 24.3.1924. V.E. III re d’Italia- Mussoluni.»

  Il colonnello Sindico non diede buona prova: nel dicembre di quell’anno veniva destituito:

«26.12.1924, risposta a 26.11.1924. - Prefettura di Girgenti n. 600 Gab. - [...] dimissioni presentate dal Colonnello Enrico Sindico [..] la relazione non rappresenta nulla di notevole, anzi [..] non ha provveduto alla formazione del bilancio [..] Giudizio: mediocre.»



15 ) Archivio Centrale dello Stato -  C.P.C. (Casellario Politico Centrale) - Busta 4521.
16 ) Archivio Centrale dello Stato -  Ministero Interno - P.S. - Confino - 1926-43 - Busta  662.
17 ) Cfr.: Calogero Taverna - Il ‘Mutuo Soccorso’ fra storia e cronaca di Racalmuto - ds 1990.
18 ) Il Circolo Unione di Racalmuto ed i suoi folkloristici soci del primo dopo-guerra passano alla storia (letteraria) per l’ironica attenzione che vi rivolse Leonardo Sciascia. Abbiamo citato già le Parrocchie di Regalpetra. Lo scrittore racalmutese non si limitò però a quelle note. “Galleria” - la rivista di Caltanissetta che dirigeva - ospitò Paese con figure (Galleria, I - 1949, 1, pp. 21-24) e Arrivano i nostri (Galleria, anno XIII, n.° 1 - gennaio-febbraio 1963, pag. 8 e segg.:  “don Giuseppe Savatteri .. imbecille detestabile”;  “don Ignazio Grillo .. col suo bastone .. vibrante come una bacchetta di rabdomante ad ogni sotterranea malignità”; il signor Munisteri con una voce “che la mancanza di denti rende come ovattata”; il barone Trupia che “muove le mani leggere come farfalle, a foggiare nell’aria un gran corpo di donna”, sono i galantuomini del Circolo Unione, appena appena velati da nomi di fantasia, ma non tali da non consentire ai più anziani del paese di fornirne ancor oggi i veri dati anagrafici. La beffa di Arrivano i nostri - una manipolazione radiofonica per una falsa notia sulla conquista dell’Italia da parte dei bolscevichi a fine anni ‘50 - è una vicenda realmente accaduta sempre al Circolo dei galantuomini. Il Circolo Unione ha una storia di quasi due secoli. Il suo statutorisale al 1839 come può leggersi nel Notamento dei Così detti Caffè e luoghi di riunione esistente nei vari Comuni di questa Provincia .., Girgenti, 26 agosto 1839, in Archivio di Stato di Palermo, Segreteria di Stato presso il Luogotenente generale, Polizia, vol. 412 (Cfr. Carmelo Vetro - L’associazionismo borghese dell’800: le case di compagnie, in Il Risorgimento - rivista di storia del Risorgimento e di storia contemporanea - Anno XLVI n. 2-3 - Milano 1994 - pag. 301)
19 ) Archivio Centrale dello Stato - Segreteria particolare del Duce “Carteggio Riservato” - Busta n.° 36 - fascicolo 242/r
20 ) Leonardo Sciascia - Le parrocchie di Regapetra - in Opere vol I Bompiani Editore, Milano,  IV Edizione giugno 1990, pag. 29 e segg.
21 ) Eugenio Napoleone Messana - Racalmuto nella storia  della Sicilia - Canicattì 1969, pag. 364 e segg.
22 ) Archivio Centrale dello Stato - Ministero Interno - Amministrazione Civile - Comuni - - Busta n.° 2069.

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