sabato 23 maggio 2015

Virgilio fallace, Nersae diviene Nesce, terra dei Morelli.

 

 
In mezzo a sì orridi monti, castagneti andati l'anno scorso in fumo per un insetto distruttore, un tempo inaccessibili, oggi vi puoi arrivare anche in macchina ma se soffri il mal d'auto resta a casa che tante sono le curve e molti anche i tornanti. Eppure una volta sollo mulattiere d'inverno impraticabili come ho letto in certe relationes ad limina dei santi (?) vescovi di Rieti. In mezzo a questi monti dunque si incunea un vezzoso paesotto della Val del Salto. Si scrive NESCE ma loro pronunciano NECE sia pure con una "c" strascicata che dovrebbe prendere il posto anche  di una "s". Quando sfotto mia moglie (del luogo) lei mi contraccambia per quel nostro colto arabizzante pronunciare il nome sacrosanto di SCIASCIA. (Xaxa, scrivevano i preti).
 
Oggi, sabato infame, pioggia e freddo pur in questo fine mese di maggio (per il resto così torrido) vi ho passato una mattinata, vi ho pranzato gratis per la munificenza di una sorta di principe rinascimentale, l'avvocato Morelli;  ho ascoltato relazioni, ringraziamenti, saluti ma niente baci. E dire che presiedeva una gradevolissima bella giovane donna che  si proclamò  assessore del comune di Pescorocchiano che io credevo essere il dignitoso piuttosto giovane ma molto valido Luciano Bonventre (ma forse il vero primo nome è Salvatore come dire Totò: non fa scic, meglio Luciano).
 
Una ragazzina già ai primi turbamenti d'amore portava la fascia tricolore. Dicono che là vi è il sindaco rectius sindachessa baby. E costei senza impappinarsi ma con la cantilena classica delle scuole italiche ci sunteggiò un bel volume dal titolo "i luoghi del risorgimento nel Comune di Pescopagano" come meglio potete gustare nella foto che propiniamo.
 
Una bella, colta e riuscitissima iniziativa, molto meglio di quello che i supponenti miti della cultura sciasciana tentano nel mio paese che all'anagrafe risulta Racalmuto, nei vezzi letterari Regalpetra  ed ora Pierino Carbone dando eccesivo peso ad un errore evidente delle Carte vaticane vuol, musicalizzare dicendolo RACALLIUTO
 
A Racalmuto se presento un libro (se mio e se al Circolo Unione, altrove non mi ospitano) sì e no conto dieci distratti avventori.  Nesce, sia pure in una stalla crestomantica stratrasformata dai satrapeschi Morelli, una frotta di gente attenta con dietro tante dure panche (a me me ne è toccata una e il mio culo fremette tanto da uscire) assiepate da scolaresche che dopo un'ora d'attesa non ce la facevano più e sia pure educatamente si misero a ciarlare per i fatti loro.
 
Non ho capito che c'entrava uno studioso (ricercatore e saggista) venuto da chissà dove che spese parole e residua attenzione per dirci che guai a dire "I BORBONI" si deve dire "I BORBONE", ma poi lui stesso in una diapositiva proiettata ad abundantiam sotto nella didascalia scorgo un bel "i Barboni". Vatti a fidare dei docenti delle nostre precarie scuole.
 
Tornerò sull'argomento. Intanto ebbi un colpo al cuore quando prese la porola un paio di metri di genere maschile secco ed allampanato che nella qualità di archivista non so di che mi distrugge il mio Lugini e definisce scrittura popolana quellia che persino il Mommsen dichiara epigrafi in osco. Revisionismo? Supponenza?
 
 
 
 

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