sabato 21 febbraio 2015

Tacitando magari le lingue dei familiari e dei residui NOCINI che non ammettono che Sciascia non fu né tuo , né mio ma manco loro: insomma che Sciascia fu solo di SCIASCIA.


Lillo Taverna Caro Piero, con la dissennata schiettezza che mi contraddistingue e e che talora ti indispettisce, ti dirò che i due aforismi, così staccati dal testo di un articolo ribollente di rabbia rappresa, non ci azzeccano con la vicenda Cavallaro che stiamo vivendo, contestando e coartando.  Le frasi estrapolate dal contesto acquisiscono significati, strani,  aberranti, impropri ad uno Sciascia sempre corrucciato e compunto, ai suoi soliti stilemi, dunque.  Copio giù in brutta scannerizzazione l'intero articolo. Sulla estranea La Stampa del 6 agosto 1988 Sciascia ha voglia dispaccare il mondo, di rompere il sedere al grande  guru del giornalismo dominante  Scalfari. Da Milano calunnia e dilaga il figlio nientemeno del martire non so di che Generale della Chiesa. Il nostro compaesano Garlisi ancora trema, imbarazzato cerca solo di eclissarsi.  Articolo di circostanza, dunque.  Serenità nulla, valore filosofico evanescente.

Lillo Taverna Certo a me mi manda in brodo di giuggiole. Ecco lo Sciascia passato all'Antimafia, a Borsellino, al culto del morto Falcone. Vien da ridere. Sciascia resta contro i professionisti dell'antimafia. E cavolo se aveva ragione e figurarsi oggi se ha ragione anche se a Racalmuto Cavallaro porta Grasso che invero sembra recitare alla rovescia la metafora di Sciascia. All'Antimafia, dopo Vigna, doveva andare un grande campione del professionismo dell'Antimafia e invece Berlusconi fa le carte false per piazzare il placido Grasso.

Lillo Taverna Diciamo, mestamente, Sciascia è morto, Scalfari non è più morto e nessuno di noi oggi può mettersi "a fare i conti con un certo candore".  Né tu caro Piero, né io, né Cavallaro, né Tano Savatteri, né l'antimafia odierna,, né Ingroia e manco Di Matteo. Ad un certo punto sembrò che ad Opera, quel tremendo carcere dai suicidi facili ove alberga come eterno ostativo il nostro Alfredo Sole, potesse Riina, ciarlando con un imbranato sodale d'alta statura (fisica) fosse in grado ancora di tirare le somme persino con candore.

Lillo Taverna Trascrivo questo spunto sui ragazzi diMalgradotutto: "SCIASCIA E I RAGAZZI DI MALGRADOTUTTO. In definitiva, i giornali appaiono a Sciascia come lo specchio del trasformismo, della sottomissione al potere politico, dell’opportunismo: ma, lui confida ancora nella memoria e nella possibilità che anche attraverso la realtà locale si possa realizzare quella libertà di stampa che lui vede assente già dai tempi del caso Moro. E questa speranza si concretizza nell’ultima fase della sua vita, quando nel piccolo paese di Racalmuto, a cui sempre è rimasto legato e della cui vita è stato sempre partecipe, nasce un giornalino, il cui nome Malgradotutto sarà definito dallo stesso Sciascia “il più bel titolo che si sia mai stato trovato per un giornale“. “Era contento, Leonardo- scrive Gesualdo Bufalino - perché quel titolo di giornale, seppure non suggerito da lui, da lui, dalla sua opera tutta, era in ogni caso ispirato. Nel senso che, contro le insufficienze degli uomini e la cecità della storia, riproponeva un imperativo di lotta, rifiutava il disinteresse e la resa. In termini di ideologia, è quello che si suol chiamare “l’ottimismo della volontà” in contrapposizione a quel “pessimismo della ragione”, cui quotidianamente le prime pagine dei giornali ci invitano.” Nel suo amato paesino, quel “cuore” della Sicilia che Sciascia ha cantato, un gruppo di ragazzi raccoglie l’eredità “giornalistica” dello scrittore, che non perse mai di vista il mondo dei giovani, a cui si concedeva più volentieri che ai critici o ai giornalisti affermati : basti pensare ai tanti incontri che ebbe con gli studenti e nelle scuole, nel corso della sua vita, soprattutto per parlare di mafia, di legalità, di giustizia, forse nella speranza che le future generazioni non facessero gli errori delle precedenti. Questi “ragazzi” sono Carmelo Arrostuto, Giancarlo Macaluso, Gaetano e Gigi Restivo, e Gaetano Savatteri. A raccontarmi della nascita di Malgradotutto è Gaetano Savatteri, oggi affermato giornalista e scrittore. A Roma, in una piccola trattoria, un buon bicchiere di vino e il pesce spada affumicato evocano i sapori della Sicilia, ed è facile ricordare l’entusiasmo, la sua adolescenza a Racalmuto, così fortemente segnata dalla presenza di Sciascia. “ Racalmuto è un paese con poco più di diecimila abitanti, la cui ricchezza è tramontanta con il tramonto delle zolfare e delle saline, su cui si reggeva l’economia. Noi ragazzi sapevamo di Sciascia, leggevamo i suoi libri, lo incrociavamo per strada…ed era impressionante per noi ritrovare sulle sue pagine la vita di ogni giorno…” Gli chiedo come mai questo titolo, così “sciasciano”… “ “malgradotutto” perché non ci credevamo nemmeno noi, mentre ne parlavamo sul treno che ci portava ogni giorno da Racalmuto ad Agrigento, dove sbrigavamo i nostri latinucci quotidiani….avevamo sedicianni…che ne sapevamo noi di giornali e giornalismo?!” - sorride Gaetano Savatteri, ripensando forse a quell’ingenua spavalderia di chi ha poca età, quella stessa presunzione che però ti fa uscire dalla noia e ti da la forza di sognare. Dunque, è la primavera del 1980 quando l’idea del giornale prende corpo… “In effetti, non sapevamo esattamente da dove cominciare, ma sapevamo che “ci voleva un giornale”, e lo mettemmo assieme raccogliendo poche idee, scopiazzando i temi che si dibattevano sui quotidiani, rivolgendoci ai fratelli maggiori e ai cugini più grandi per trovare qualche firma più autorevole di noi. Poi, attraverso la mediazione di un genitore, riuscimmo a chiedere un “pezzo” a quell’uomo silenzioso e riservato, che avevamo visto qualche volta in piazza, che tutti chiamavano Nanà o “u prufessuri”. Sapevamo chi era, avevamo letto i suoi libri e chissà quanto ne avevamo capito allora…” Così chiedete a Sciascia di scrivere un articolo tutto per voi… “Più che un articolo, eravamo tanto abituati alle cose di scuola che gli “assegnammo” un tema: “L’uomo del sud”. Sciascia si mise a scrivere a mano, buttò giù una cartellina che Giancarlo Macaluso dovrebbe pure avere conservato da qualche parte. Ci spiegò che l’uomo del sud non esiste. Ci sentimmo mortificati, forse l’avevamo irritato con quella richiesta così tassativa. E in risposta ne avevamo avuto la demolizione. Ma ormai era fatta. Quello era l’ultimo articolo per passare alle stampe.” E’ nella Chiesa del Carmelo con l’aiuto di Padre Martorana che il ciclostile lavora senza sosta per permettere ai ragazzi di “Malgradotutto” di raggiungere la “tiratura” di duecento copie, da vendere durante la festa della Madonna del Monte, quando la gente è in piazza. E’ il mese di luglio del 1980 e Racalmuto ha il suo “giornale”… “Noi ci sentivamo davvero il centro del mondo…Trovammo anche un direttore ed un amico in Egidio Terrana, più grande di noi, che è tuttora il responsabile della pubblicazione del giornale. Un giornale che nasceva dalle nostre chiacchiere, dalle chiacchiere di un paese, dall’amore e dal fuoco della discussione.” Malgradotutto assieme a quella di Sciascia, ha ospitato le firme di Bufalino, Consolo, Collura, Di Grado… “E ciascuno di noi ne ha portate altre, di amici e colleghi che per una volta emigrano dalle loro testate regionali e nazionali per scrivere su un piccolo giornale di provincia.” Un piccolo giornale di provincia, che pure rappresenta la coscienza critica della comunità di Racalmuto. Un giornale, che ha vissuto con il paese la lacerazione degli affetti e delle vite quando la mafia a ripreso a sparare… “ Venti morti ammazzati in due anni, una ferita ancora aperta nelle carni di Racalmuto. Malgradotutto ha dovuto raccontare anche questo. E ha continuato a dire che contro la mafia, anche ora che tutto sembra tornato nel silenzio, bisogna tenere gli occhi aperti.”

 

 - Chi li riconosce più?  Imborghesiti, impinguati, intrusi, contorti, dileggianti e buonisti oggi tirano la carretta. Sono eleganti nel dire, scrivono a quel dio, non si comprometto, compromettono.

Lillo Taverna Quanto bello sarebbe se il neo prescelto (si fa per dire) Cavallaro indicesse una tavola rotonda nella sua Fondazione su il tuo citato articolo sciasciano del 6 agosto 1988, ma concedendo ampia parola ad eretici quale mi reputo, ad ortodossi del culto sciasciano quale tu sei e a lingue non ossequienti. Tacitando magari le lingue dei familiari e dei residui NOCINI che non ammettono che Sciascia non fu né tuo , né mio ma manco loro: insomma che Sciascia fu solo di SCIASCIA.

Nessun commento: