giovedì 11 dicembre 2014

Vecchia azione cattolica .. teatrante



               
                
A:calogerotaverna@live.it

 Alle ore 10 del 29 giugno 1950, anno santo, si stinnichiava a panza ‘n terra il non ancora ventiquattrenne (gli anni li farà il 21 novembre) Alfonso Puma Pagliarello di Calogero (per tutti lu zzi Caliddru):adosso gli piombava un prolifico Spirito Santo nella fastosa cattedrale di Giurgenti. Officiava il principesco mons. Peruzzo (invero di bassa nordica famiglia). Bastò un veni creatar spiritus cantato invero da una apprezzata schola cantorum del vescovile seminario al suono di un organo imperioso ben suonato da padre Cucciara, e  subitò fu Sacerdos secundum ordinem Melchisedech.  Insieme a lui Vincenzo Burgio, Andrea Cammilleri, Giuseppe Ciaccio, Sebastiano Gentile , Luigi Pellitteri, Michele Polizzi, Antonino Vinciguerra e Salvatore Volpe. Io a quella cerimonia c’ero e sia pure frastornato dalla mia labile memoria  posso arrogarmi il diritto di ragguagliare e testimoniare. Mi pare che vi fosse qualche altro, ma se l’annuario non li riporta più qualcosa sarà successo: la santa morte non è che risprmi preti e manoche in giovane età, ma purtroppo – per i fedeli – dopo ad Agrigento vi fu eretica area ed anche per quel divieto di non potersi sposare, tanti gà preti finirono mariti, al solo stato civile ‘sintende.  E per quelli che ricordo furono i migliori, quelli più colti  o che passavano per tali.

Padre Puma era stato un buon teologo ma non eccelso. Quello che aveva voglia di primeggiare, in contesa con padre Pirrera,  era il nostro padre Calogero Salvo, consacrato un anno prima, proteso – sembrava – ad alte cariche, ma per suoi smarrimenti nelle astuzie clericali, finì in depressione  funzionale, non fu manco monsignore, neppure parroco decente, alla fine solo rettore del Collegio e quandosi permise di stigmatizzare il mestiere della recente defunta Moana Pozzi si prese su Malgrado Tutto tante di quelle male parole da Fofu Sciè da restare esterrefatti.

Padre Puma venne subito requisito dall’arcigno Arciprete Casuccio , lo vedete qui longilineo serio ma sereno, dignitoso, diciamo altero. Se ne sta tra il nostro quasi liliale padre Puma e l’impagabile Giugiu di Falco, personaggio ancora vivo e vegeto per doverlo adulare oltre il decente in questa sede.

Padre Puma è qui in prossimità del natale del 1950. Dico questo perché questa che vedete nulla ha che fare con azioni cattoliche, con clericali assemblee, con vicende pentacostali: è solo la foto ricordo di un dramma tutto al maschile a titolo: ho ucciso mio figlio!

Insomma, mi dispiace prr il mio caro amico dottor Carmelo Rizzo, questa è solo una delle tante foto ricordo della filodrammatica a suo tempo potuta allignare properio nel teatrino della sacrestia della matrice, in occupazione di parte del giardino.  A quei tempi, al verde attrezzato non si badava.  Ed ovvio, l’arciprete Casuccio non era tipo da fare o da avere a che fare con dei teatranti sia pure dilettanti. Ma una presenza in una foto ricordo non la disdegnava come a fine anno scolastico in occasione della prima comunione.

A quella filodrammatica mi appiccicai pur io  magari  in veste da seminarista che però aveva ormai deciso di buttare alle ortiche la tonachina coi bottoni rossi anche per via di un cappellaccio a larghe falde che rendeva inesorabilmente ridicoli e che allontanava gli sguardi puritani fuori ma ardenti dentro delle ragazzine di allora che non erano quelle petturute e longilinee stanghe di adesso ma un qualche vezzo femmineo lo avevano: Ma neache noi maschietti a dire il vero potevano chiamarci in anteprima giovani “Fico”.

Eppure, io che ho sempre avuto il complesso della non avvenenza fisica a riguardarmi adesso non ero, a 16 anni, da buttar via: sto a fianco di un mio coetaneo, poi compagno di liceo al Pirandelo di Agrigento, Angelo Morreale. Angelo Morreale diverrà poi il marito di una bella nipote di padre Puma, ma allora manco a pensarci. Lo vi suole qui invecchiare con un pizzetto appiccicaticio che lo rende alquanto buffo ma era uno dei belli del paese, bene messo in carne e a confronto dei lilliput del luogo quasi un gigante. Io e lui siamo entrambi seduti e quindi non sfiguro.

Angelo Morreale.  diciamo che era un giano bifronte: frquentava ambienti parrinara ma non disdegnava di far comunella con la nuova jeunesse doré, quella dei Nestore Falletta,  Alfonso Scimé, Peppi Troisi, Carminu Piazza ed altri pochi, di professione “studenti”, figli di papà, come dire di soci del Circolo Unione, già protesi a verniciare di rosso (ma un rosso più che socialista, socialdemocratico) l’essere  già candidati alla crestomazia paesana. Succedendo ai vari Nalbone, Scimé, Alaimo, Sciascia, Fucà e quant’altri già potevano assidersi nelle poltrone del già lodato Circolo Unione.  A questa nuona schiatta di aristocratici social popolari si aggregava soprattutto il poliedrico Totò Marchese e il suo inseperabil amico Elia Avenia.  AngeloMoreale era della casta nobile a pieno titolo ma non ci disdegnava a noi parrinara.  Se mi si dice che c’era già aria di Azione Cattolica, rispondo: non ricordo.

[segue]


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