venerdì 14 novembre 2014

L'integerrimo Ispettore Generale di PS Messana da Racalmuto

 
 
 
 
Credevo che Li Causi fosse un avvocato ed invece no! Laureato in quella che oggi si direbbe laurea in economia e commercio ed a Palermo e in tempi di oscurantismo universitario nella Sicilia palermitana, molto leguleia e apicale nelle scienze mediche ma risibile in quella delle faccende economiche e finanziarie, egli faceva tutto sommato il politico giornalista, una schiatta che non mi è molto simpatica.
 
Se fosse stato avvocato, come Montalbano magari, sarebbe stato più accorto, meno populista in questa rutilante aggressione denigratrice del Messana. Siamo a metà luglio del 1947. Li Causi sa bene che il Messana proprio da Scelba era stato già giubilato.  Eppure il Li Causi doveva essere un po' grato al commendator Messana che gli aveva salvaguardata la vita dalle ire del bandito Giulano. Ma i politici, si sa, e i politici giornalisti ancor di più dinanzi ad una sceneggiata magniloquente sotto le lampade dei cinegiornali, non resistono.
 
Dunque in estrema sintesi Li Causi dice tre cose: Messana stragista di Stato nel 1919 a Riesi; criminale di guerra a Lubiana e capo del banditismo politico siciliano in combutta con Giuliano nel biennio tra il 1945 e il 1947.
 
 
 
 
Le mie modeste ricerche su basi documentali e respirando polvere d'archivio mi portano a ritenee senza ombra di dubbio che:
 
A) A Riesi il giovane commissario nel 1919 non c'era o se c'era ebbe parte tanto marginale e subordinata da passare del tutto inosservato;
 
B) A Lubiana come questore vi stette appena un anno e fu subito esautorato dal cosiddetto ALTO COMMISSARIO PER LA PROVINCIA DI LUBIANA, il triestino Emilio Grazioli, quello che persino emanò leggi marziali che comminavano la pena di morte anche per inezie, nel Settembre del 1941, e tra il Grazioli e il Messana fu subito gelo anche per faccende razziali, essendo il questore persino del Sud.  Inviso ai fascisti, non gradito alle SS,  dopo un anno il Messana, colpevole di non essere colpevole, viene ibernato a Trieste ove anche il suo più feoce denigratore, il Ricciardelli, un poliziotto della Politica fascista, deve ammettere che  il questore Messana fu "insignificante". E allora turre le bubbole che anche Blu Notte s'inventa? Lo dobbiamo a due superfetazioni denigratrici della  Cernigoi che mal capendo, omettendo doverosi convalidamenti, fregandosene della documentazione esistente nell'Archivio Centrale dello Stato, finge di non accorgersi che si trattava in un caso di una sparata vendicatia dei titini vittoriosi che non ebbe  seguito alcuno e  nell'altro l'assurda demigrazione di un Ricciardelli che a Trieste, lui Irpino, credeva ormai di far parte di un'altra nazione in quel 1947 e sfoga il suo malinomo di subordinato  complessato. Nessun fatto, solo sospetti e dispetti i suoi tanto che quello malevolo sfogo resta là a Trieste e manco arriva a Roma. Si trattava di mandare alla fucilazione un Ispettore Generale di PS per crimini di guerra contro l'umanità,  non dei riferimenti per una promozioe al grado uperiore. E poi questo umile questurino della "politica" di Trieste che autorevolezza poteva mai avere per giudicare un suo superiore che nel 1943 non aveva voluto aderire alla RSI e si allontana dall'ufficio rimettendoci persino lo stipendio! Diversamente il suo censore, che a Trieste rimane e si fa persino deportare per pochi giorni a Dakao per una facecnda ebraica rimasta oscura;
 
C)  Messana non potè essere CAPO DEL BANDITISMO POLITICO SICILIANO, data tutta la sua azione represiva delle bande armate svolta  come ISPETTORE GENERALE DI PS nel biennio tra il 1945-1947. Per non farla qui lunga, dico che le carte della NARA relative alle infiltrazioni della OSS americana in quegli anni, ritrovate e studiade dallo storico di vaglia, il professore   Giuseppe Casarrubea,   portano in tutt'altro versante. Portano all'antenata della CIA. E Messana vi si scontrò come dimostrano relazioni ardite da me rivenute negli archivi statali dell'EUR. Io arrivo a conclusioni estreme. Il professore Casarrubea, ovviamente, è  molto più cauto. Noto certi tentennamenti nel suo ultimo libro sulla Sicilia Segreta di Bompiani.  ma non posso prmettermi processi alle intenzioni per
 di più di un valentissimo
 
 
 storico che ora riscuote la mia massima stima. Al principio di questa mia esogena avventura non l'avevo capito. Gli ho chiesto e gli chiedo pubbliche scuse.
 
 
Ed ecco la concione del pubblicista Li Causi che credo di avere efficacemente sgonfiata.
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C'è di più: in quei giorni, sia l'Ispettore di pubblica sicurezza, sia il Comando dei carabinieri, sia la Questura di Palermo rendono noto (anche attraverso circolare) che Giuliano sta preparando delle aggressioni contro le sedi e gli uomini dei partiti di sinistra. Si soggiunge poi a voce: "Badate che la nostra vita è in pericolo". Ci accorgiamo di trovarci di fronte a tutta un'azione, la quale vorrebbe localizzare l'esplosione e la responsabilità dei misfatti avvenuti in Sicilia, attorno a questo mito evanescente, a questo personaggio che si chiama Giuliano, per dire: "Tutto il resto non c'entra. Che c'entra la mafia? Tutti galantuomini! Che cosa c'entrano i partiti politici? È impensabile che ci possano essere degli uomini nei vari partiti politici che possano essere individuati come responsabili di sì orrendi misfatti". Si cerca di creare intorno a noi una psicosi di paura, aggiungendo che la polizia ci proteggerà, e che sarà fatta tutta un'azione in comune perché Giuliano sia preso. Ma, scusate, perché Giuliano finora non è stato preso?
In un rapporto del Comando dei carabinieri si dice, fra l'altro: "Giuliano ha preso contatto con l'aristocrazia e gli uomini politici, si è dato a dettar legge e a scrivere lettere minacciose, ecc.". Il rapporto continua: "È stato in questi ultimi tempi accertato - siamo alla fine del 1946 - che il bandito Giuliano, certamente a seguito dell'azione intensa svolta sulle montagne dalle squadriglie, si è trasferito con i suoi uomini a Palermo e nei comuni limitrofi, protetto da qualche elemento della mafia, appoggiato di certo da qualche famiglia molto in vista. Non si creda, pertanto, di poter catturare Giuliano con le armi in mano, anche per la vicinanza di quasi tutti gli altri banditi i quali, specie se giovani e arditi, ben provvisti di denaro -- Giuliano dai soli sequestri ha ricavato più di cento milioni -- sono stati notati alla spicciolata qui in Palermo".
Ebbene, queste cose sono state dette a quest'ultima operazione, con i duemila uomini, fra soldati e carabinieri, che sono stati mandati a Montelepre, conferma la giustezza del giudizio espresso dal generale dei carabinieri. Si vuol creare cioè tutta una coreografia allo scopo deliberato di stornare, come dicevo, l'attenzione del pubblico da quella che è la vera situazione e da quello che veramente ci vorrebbe per stroncare questa situazione, per recidere appunto i legami fra questo banditismo, fra una parte della mafia, e quelle famiglie in vista, quelle famiglie aristocratiche che fanno parte di quei partiti ben individuati nelle relazioni ufficiali.
Si ha, in altre parole, questa precisa situazione, che il banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di socnfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del banditismo politico.
Ma c'è di più: il Messana non avrebbe dovuto intervenire nella ricerca di esponenti politici indiziati e invece egli è andato sempre in cerca di questi elementi. Quando, nel settembre dello scorso anno, furono uccisi, a bombe a mano, alcuni contadini riuniti nella sede della cooperativa ad Alia per discutere sul problema della divisione delle terre, non si sa perché è intervenuto l'ispettorato di pubblica sicurezza, dopo che la Questura di Palermo aveva operato dei fermi di indiziati, e i fermati vengono rilasciati. Alla vigilia del 2 giugno avviene a Trabia un tipico delitto di mafia; la camionetta dove si suppone che siano i responsabili viene fermata a Misilmeri, alle porte di Palermo: ebbene, nonostante che su quella camionetta si trovassero armi, secondo una prima versione della polizia, i fermati vengono dopo un giorno rilasciati.
Questa impressione non è dunque cervellotica, ma ha un fondamento molto serio e l'onorevole ministro dell'interno lo sa perché sono stato io personalmente ad accompagnare da lui un altro collega che gli ha detto: "Ma come fai a fidarti di Messana, tu che dici di essere un repubblicano sincero? Messana, infatti, non solo ha svolto opera per il trionfo della monarchia prima del 2 giugno, ma ha continuato a complottare contro la Repubblica dopo il 2 giugno, designato come era Ministro degli interni di un restaurando Regno di Sicilia, se Umberto fosse sbarcato a Taormina o in non so quale altro punto della costa siciliana; e bada che io sono un testimone auricolare, uno che ha partecipato a queste trattative, respingendole".
Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!", ma Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato.
Questi i precedenti del commendator Messana, noti al ministro dell'Interno. Ci troviamo, come vedete, di fronte ad un uomo che per istinto è contro il popolo, e trova, nei legami con i nemici del popolo, il modo di esercitare la professione di massacratore di contadini. Oggi, sfacciatamente, questo non può farlo, per quanto nel clima creatosi in Sicilia è possibile -- in Sicilia, terra dei "Vespri" -- che i poliziotti di Scelba, ministro siciliano, aggrediscano un pacifico corteo di donne che dimostrano contro il carovita.
Oggi è possibile in Sicilia questo, perché agli interni c'è un ministro siciliano, così come nel 1894 a soffocare nel sangue il movimento dei fasci dei lavoratori fu un altro ministro siciliano, Francesco Crispi. Si è tentato, come nei primi decenni del secolo, di stroncare il movimento contadino, assassinando capilega e segretari di Camere del lavoro; a quest'azione di intimidazione il popolo siciliano risponde con la superba affermazione democratica del 20 aprile; allora l'agraria, la mafia ricorre al terrore di massa e si hanno Pian della Ginestra e le stragi del 22 giugno. Ma l'Ispettore Messana, che ha il compito di proteggere agrari e mafiosi, che è uomo che obbedisce a pressioni di parte, ordisce intrighi politici, suggerisce a Scelba la parola d'ordine che il Ministro fa subito sua: le stragi siciliane sono opera di banditi comuni, e Messana diviene il perno di una situazione infernale: Messana si allea ai banditi di strada. Il popolo siciliano, il popolo italiano tutto, hanno diritto di chiedersi come sia possibile il perdurare di un tale stato di cose.
All'annunzio dell'orrendo crimine di Pian della Ginestra, subito, d'impulso le più alte autorità preposte all'ordine pubblico in Sicilia hanno detto: "Questo è un tipico delitto di mafia; bisogna iniziare un'azione a fondo contro questi assassini"; ma è intervenuto il Ministro Scelba prima alla Costituente, poi in Sicilia; ma credete che sia andato laggiù per disporre l'azione di ricerca e pronta punizione dei veri responsabili? No; è andato solamente per salvare la mafia, per dire: "Niente; questo è banditismo comune; basta con gli arresti di mafiosi e mandanti indiziati". E degli ufficiali dei carabinieri sono venuti da me, piangendo, a dirmi: "Vedete, questi sono i telegrammi di contr'ordine che sospendono le operazioni di polizia che avevamo iniziato".
Ora, il diritto di sospettare che una collusione esista fra banditismo, certi partiti politici e, fino a prova contraria, governo è legittimo e allarma la popolazione siciliana, allarma e commuove giustamente tutto il Paese; è quindi assolutamente necessario uscire da questa situazione e oggi esistono condizioni favorevoli per farlo; c'è il movimento delle masse lavoratrici in Sicilia capace di aiutare questo processo di risanamento nel campo sociale; ci sono i partiti democratici che debbono costringere tutte le forze politiche della Sicilia ad assumere la propria responsabilità, a liberarsi dai legami con la mafia, con questa cancrena, con questo banditismo politico-sociale che continua a vivere di ricatti, di prepotenze, di estorsioni, di omicidi. Oggi esistono queste condizioni: sfruttiamole, poggiamo sul movimento delle masse, poggiamo sui partiti veramente democratici, e su questa azione inseriamo l'azione di polizia che sarebbe confortata da tutta quanta l'opinione pubblica.

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