domenica 27 aprile 2014

al chiaro di luna

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Mi sfagiola.   non è certo una sinfonia, opposta la mia patetica del russo Tchaikovsky  tripudiante lugubre lasciva impetuosa triste sommessa irata disperata. Quasi un arpeggio scolastico ma c'è la luna il chiaro di luna l'albero triste la dilatata spalla di appetibile donna, e c'è il lago e il ponte sul lago alleggiano le paturnie le mie paturnie di un  tempo. E il buio laggiù: l'occaso esausto è divenuto sibilo notturno, cupo; sparite le malinconie maschie, le mie vibratili malinconie, nella notte rabbuiata da boschi tra i cui alberi è assente il chiarore lunare. Non gioia non tripudio e neppure sogno, solo il tepore dell'anima di un uomo sereno che attende la salvifica fine per il ritorno nel suo nulla d'origine. Ma nulla di questo trovo più in questo paradisiaco lembo siciliano. Me ne diparto: le querule stupide voci di politicanti senz'anima né mente mi tediano. Là sotto il Gran Sasso, in quella flebile Santa Lucia di Fiamignano, su quel Lago dell'artificio mussoliniano, di quel fiume, il Salto, sbarrato quasi sopra Rieti  troverò l'arcano di questo beethoviano cantare al chiaro di luna. Da questa chiassosa solitudine di Sicilia alla dimessa solitudine che là alberga nel mio conventino sul fiume sbarrato ed ora lago; su cui un tempo si affacciava in quel di Petrella il truce castello ove peccò pressoché fanciulla la fedifraga Beatrice dei Cenci romani.

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