domenica 23 marzo 2014


Ne vorremmo, ne dovremmo parlare con i signori Commissari del Comune di Racalmuto, ma quelli non vogliono essere disturbati: non parlare al conducente pare che abbiano scritto sull’architrave dei loro saloni ottocenteschi.

Tanto per alleggerire il discorso, rivolgo la mia salace attenzione a questo reliquario: la copia della delibera del consiglio comunale del 25 marzo del 1978. Nasceva il più immarciscibile  piano regolatore della nostra Racalmuto. Vige tuttora. La promessa dei commissari  è però stentorea: ENTRO LA FINE DEL LORO INCARICO AVREMO UN NUOVO PIANO REGOLATORE. Intanto non disponiamo neppure della perimetrazione di legge da cui far partire i punti zero per calcolare l’area A, l’area B e l’Area C sulle quali gravano tariffe monnezzare  agevolate.

Ci sollazza l’idea che il più longevo dei nostri amministratori è il mio carissimo amico Carmelo Collura, sempre presente, sempre vigile. Lo so di indefettibile memoria; se volesse potrebbe far luce sulle trame che spinsero la Regione Siciliana a inventarsi un pronunciamento del consiglio avverso all’ufficio tecnico di allora, per consentire a certe mani sulla cittadina di costruire  ad libitum.

Sedevano sugli scranni del refettorio (se ci azzecco) delle monache clarisse figure storiche della politica del dopoguerra. E noi che il vizietto della microstoria ce lo abbiamo tutto non finiremmo più dal chiosare, rammentare, punzecchiare.

Ricordiamo l’avvocato sindaco Totò Marchese, il chi l’ha (più) visto Antonio Baldanza, il compassato della Fiamma Giovanni Fantauzzo, l’erculeo avvocato Angelo Pillitteri, il pastaro Totu Baiamonte con il consocio Angelo Saccomando, l’inossidabile Salvatore Falco,  e poi, alla rinfusa dal dottor Totino Petruzzella ad Avarello, ad Amato, a Cavallaro, a Borsellino, Casodino, sino a finire a Calogero Cacciato. Spiccano certo l due nostri veri onorevoli: Milioto e Martorana (ma questo invero fu onorevolino.) Stavamo omettendo Carminu Gueli, ‘Ngilino Morreale, Fofu Farrauto e Santo Pinò.  Ma vanno citati a parte Cino, Morgante e Chiodo miei affini nelle opzioni rosse. Annoto Alessi e Sbalanca e quindi debbo mettere in tutta evidenza l’altro mio amicissimo Ignazio Petrotto che dimentico della lotta a suo tempo fatta con me e con Lillo Savatteri a Dino Casuccio non so ove militasse in quel  lontano 1978: me ne stavo in ispezione al Nord per saperlo.

 

 

Ma lascio e tralascio quella quindicina di fogli verbalizzanti e quelle tavole (meno una dicono, ma non è vero) allegate per soffermarmi su questo foglio della gazzetta ufficiale della Regione Siciliana del 1980. Due anni dopo dunque.

I BB.CC. di allora, invero bovinamente, appongono questi vincoli archeologici su San Bartolomeo. Bastava dire foglio 61 – tutto pieno di reperti archeologici come hanno comprovato Mulè e  Calderone nel foglio consegnato alla Soprintendenza e da noi puntigliosamente trascritto in questo blog – e il gioco era fatto senza sprecare tante parole. No! Si son volute segnare tante particelle. Così è venuta fuori una pelle di leopardo che qualcuno danneggia e qualche altro favorisce ed è facile capire chi.  Ma dopo alla rinfusa agiscono per contrade: Bovo, Villa Nalbone e Serrone e quindi Monte Castelluccio e contrada Castelvecchio, contrada frà  Diego e località  Fico Troina; località Rocca Rossa (fra Grotte e Racalmuto) e località Grutticeddi o Grotticelli che dir si voglia.

Ho saltato volutamente località Pietralonga e sanno perché signori Commissari? Perché quella è località del territorio di Castrofilippo. Decenni ho passato per trovarla a Racalmuto quella località: niente. Solo una mia vecchia zia monaca in un viaggetto a Canicattì ebbe ad eslamare : Ecco Petralonga. Le monache hanno memorie infantili incancellabili. Così ho scoperto dove era quella località ricchissima di tombe sicane a dire  dell’ing. Mauceri di Caltanissetta. La Soprintendenza aveva apposto vincoli deducendoli  da certi lisi Bullettini archeologici che ho avuto modo di consultare qui a Roma a Palazzo Venezia.

Si dirà: ma che importanza hanno quei vincoli?  sono “desueti”. Solo che quando vogliono  quelli dell’Ufficio Tecnico di Racalmuto se ne ricordano. Rarissimamente, a dire il vero,  e quando c’è qualche antipatico magari come me da colpire. Di solito però non vedono e non sentono. Mio fratello che è mente fina e tecnico tosto mi dice che un vincolo senza indicazione catastale non è individuabile. Giusto ma mi vien fatto di pensare che potevano bene i signori della Soprintendenza precisare meglio il patrimonio archeologico racalmutese da preservare dalle manie cementizie. Soprattutto era l’Ufficio Tecnico che avrebbe dovuto farsi parte diligente. Ne ho scritto qualche volta. Meglio tacere. Ma voi che venite da Roma o giù di lì sapevate? E se sì, cosa avete fatto? se non sapevate .. ora sapete. Vi tocca vigilare, no?

 

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