sabato 4 gennaio 2014

Pagine di critica pittorica colta



Dalle arditezze teoriche, ecco in concreto Bellmer: schizzi dimostrativi didattici eppure significatività pittorica aggredente, arte con semplici linee, acromatiche, surrealismo non volgare anche se ammiccante pur nell’intento didascalico. L’immagine che è semplice linea, la dimostrazione persino filosofica che attinge all’arte oltre l’angustia dell’intento, pur nella sua espressione dialettica. "Un’espressione elementare … senza scopo comunicativo preconcetto" ma solo riflesso di un’altra "espressione elementare" di irrazionali "meccanismi psicofisioligici" , che valli a scavare lì portano all’ES all’Eros del subconscio. Anche un banale mal di denti? Sì anche quello: «Prendiamo, tra i riflessi provocati da un mal di denti (corsivo,ns) la contrazione violenta dei muscoli della mano e delle dita, con le unghie che affondano nella carne». Ecco che per Bellmer " questa mano serrata è una fonte artificiale di eccitazione (corsivo,ns), un ‘dente’ virtuale che attirandoli, allontana il flusso sanguigno e quello nervoso dalla fonte reale del dolore per sminuirne l’esistenza. Il dolore al dente viene perciò sdoppiato a spese della mano, la sua espressione, il ‘pathos logico ‘, ne sarebbe la risultante visibile." Tanto dovrebbe indurre "a concepire la continuità desiderabile della nostra vita espressiva sotto forma di una serie di trasporti deliberanti che conducono dal malessere alla sua immagine (grassetto, ns). L’espressione, con tutto quel che comporta di piacere, è un dolore spostato, una liberazione (corsivo, ns.)"

Guarda lì dove affonda l’immagine e da quale gorgo psicanalitico riemerge. Per Bellmer, s’intende. Sarà un dire astruso, forse eleusino, fors’anche demente, ma certo una cifra, una significazione dell’immagine in pittura – sia pure del surrealismo – ci viene fornita e ci occorre non comune intelligenza, sapere astrarre per comprendere. In ogni caso qualora ci ingolfiamo nello smembrarsi, duplicarsi, contorcersi di impetuosi quadri dell’alta pittura, mettiamo di un Picasso, l’appiglio per capire e spiegarsi il Bellmer, qui ce lo propina, in questo saggio dall’eloquente titolo "anatomia dell’immagine".

Dicevamo che un buon filosofo siciliano ci erudiva che in pittura il "fatto" poco significa; ha senso il "farsi" dell’opera: la validità dell’assunto qui ben si consolida.

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