mercoledì 30 ottobre 2013

Ad una nessuna centomila

Questa lettera è riservata solo ad una meravigliosa persona, ad una mia diletta amica. Siccome qui non è individuabile, la trascrivo. Diventa e deve essere anodina, rivolta cioè ad una, nessuna centomila, come direbbe il mio ammiratissimo Luigi Pirandello della Vicina terra del Caos.


Vedo che hai letto il mio ultimo messaggio "riservato". Stamani mi sveglio con un subbuglio interno; scriverti una lettera mia sincerissima per spiegarti per spiegarmi. Ieri sera ad un certo punto  ho ferito, mio malgrado, la sua anima sensibile, colta ma fervente nella fede. La lilialità del tuo esistere, la quies che hai raggiunta, il bell'ordine stabilito nella gerarchia dei valori che hai grandi ammirevoli esemplari, tutto ciò io con i miei svolazzi (o quelli che così tu giudichi) l'ho un po' vulnerato, venendo meno all'effigie di "maestro" che pensavi mi riguardasse. Il mio linguaggio ad un certo punto ti è apparso triviale (e nulla è per te più condannevole che usare la parola, questo per te immenso dono donatoci a tutti  dal cielo quando lo si distorce  colpevolmente  per volgarizzare Dio, la chiesa, l'amore la donna l'uomo il discepolo l'insegnante l'amico il vicino).
 In questo a dire il vero mi sento incolpevole. Aggiungo che per me la parola va distorta, è questo il suo ruolo in definitiva, la mia missione. Se le parole sono pietre, vanno usate per lapidare ciò che ormai è fatiscente, collabente, superato, mummificato, inutile, deprimente e quindi vanno usate per costruire la nuova città né di Dio né dei demoni, ma semplicemente dell'uomo questa mirabile creatura capace di amare e di godere anche mentre ama. Già bramo la CITTA' dell'UOMO, ecco perché l'unico valore che rispetto e a cui aspiro è la POLITICA. Perché solo con la POLITICA si può costruire la mia CITA' dell'UOMO.  Quando mi tacci di eloquio "volgare" indegno di me, francamente non riesco a comprendere a cosa ti riferisci. Il mio parlare è magari ricercato, persino ROCOCO' (tutto l'opposto, dunque) e credo mai "volgare" che poi significa un parlare popolano, basso (mi si accusa del contrario). Con questo non voglio darti ad intendere che me la sia presa cn te, mi sia "stizzito". Tutt'altro. Solo mi sono reso conto che tra noi due c'è una incolmabile barriera comunicativa. L'alienabilità filosofica, appunto. Inevitabile tra due spiriti eletti credenti in valori contrapposti. In quest'ottica, dunque, rispetto assoluto e umana indicibile tenerezza, RECIPROCA. Del resto tra noi non c'è manco riservata ma intensa corrispondenza. Di recente mi ha -  vulnerata - abbandonato una cocotte (questa vera) perché dopo averla conquistata si è sentita disprezzata, derisa, scacciata. Mi ha inviato "riservatamente" una lettera nobilissima ed accorata che qualche segno nel mio cuore arido l'ha lasciato. Con te per fortuna non v'è neppure un normale invio di messaggi riservati.
Da tre anni a questa parte, dopo un trentennio di depressione in cui mi sono racchiuso in me stesso e  né uomini né donne, né Dio né demoni potevano entrare nel mio intimo essere, rabbuiatosi per constatata insignificanza di tutto, mi sto cimentando in questo lanciar pietre in FB o nel mio blog. Confesso: per mero diletto. La mia vera anima me la tengo per me, rigidamente  riservata. Chiedo magari confidenze ma non ne do. Non è giusto. E qualche resipiscenza mi viene. Forse dovrò smettere. Mi è poi venuta la passione dello scrivere e queste palestre informatiche sono provvidenziali. Mi può capitare di incorrere in persone soavi come te (ma non ve ne sono tante, tu sei forse la sola) e questo mi sbarella, esula dalla cifra ludica che mi sollazza. Che dirti? Stamani avrei voluto scriverti una lunghissima lettera per chiarirti, per chiarirmi, per giustificarmi soprattutto. Questa non è lunga ma manco corta. Solo che giunto a questo punto non ho altro da dirti e mi accorgo di essere riuscito a dirti nulla di valido, di confessorio. Una cosa sola è certa: mi ispiri trepida tenerezza  per un sentimento di caldo affetto. Forse non devi leggermi più, o non leggermi come se io potessi avere l'autorevolezza (e il grigiore) di un "maestro". Leggimi con occhi disincantati e solo così se non sorrisi estesi ma sorrisetti ironici ti verranno naturali. So che le donne non amano l'ironia. Ma toglimi l'ironia impastata di autoironia e nulla mi resta. E la mia ironia si estende a tutto a cominciare dal  cristiano regno dei cieli. Io sono repubblicano.

 

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