venerdì 16 agosto 2013

Mi domando: perché non debba essere consentito ad uno come me – che il teatro lo ama, che ha vissuto la passione racalmutese della locale istituzione teatrale e che qualche titolo culturale reputa di poterlo vantare – di collaborare GRATUITAMENTE alla valorizzazione di una fondazione racalmutese che tanto costa alla collettività

  • 14 mesi e mezzo fa avevo inviata questa "rimostranza" ai signori commissari. Nessuna risposta. Penso che sia stata intercettata. Oggi l'ho rinviata: Pensate voi che stavolta mi degnano di un cenno di ricezione? Si accettano scommesse.

    Racalmuto, 3 giugno 2012-06-03

    Oggetto: Postulazioni e proposte per i Sigg. Commissari

    Gentilissimi Signori Commissari
    del Comune di Racalmuto

    Ho tentato in vari modi di far sentire la mia voce per un invito ad affrontare i problemi di questo paese da un’angolazione diversa, non preconcetta o impregnata di interessi troppo localistici e poco altruistici: ho scritto in vari blog; mi sono avvalso di F.B.; ho sfruttato la comunicabilità delle e-mail. Non ho ottenuto sinora molti risultati, salvo forse l’avere allontanata la Signora Ministra da un’astuta visita al Circolo Unione e salvo forse l’averla spinta ad una promessa di un dialogo aperto alle presenze democratiche e civili del paese. Che io sia un personaggio – nativo di Racalmuto ma cittadino romano da mezzo secolo – alquanto esotico e naturalmente per nulla profeta in patria, è forse cosa notoria.
    Come premessa può bastare. Veniamo al dunque.
    Mi permetto di segnalare una decina di drammatici aspetti della vita civile di questa comunità.
    V’è la questione del piano regolatore, peculiare per una faccenda di ammissibilità edificatoria dello 0,20 % nelle campagne. Viene rappresentata (ed applicata – ed ora disapplicata) in termini disinformati e distorti. Decisioni consiliari del 1978, vincoli della Soprintendenza ai Beni Culturali, interferenze giuridiche della Regione, omissioni degli obblighi integrativi della normativa regionale del maggio del 1980, vanno soppesati e, là dove occorre, rettificati con saggia ponderazione ed oculato disinteresse come è nelle Vostre capacità e nel riconosciuto senso legale che vi è peculiare. Forse un incontro col sottoscritto, partecipe il competente Ufficio Tecnico, sarebbe non neghittoso.
    Abbiamo l’anticipo di oltre 500 mila euro che modesti cittadini hanno versato nelle casse del Comune per una Gentilizia, o una tomba perpetua, che difficilmente il Comune potrà loro consentire per vincoli paesaggistici o per questioni legate a normative su doverose distanze dal Centro abitato. Da tempo si cerca di dirottare quei fondi per obiettivi lontani dagli intenti di chi quei fondi ha anticipato. Qui debbo essere necessariamente ermetico, ma resto naturalmente disponibile per ogni chiarimento ed approfondimento, che la mia
    semisecolare attività ispettiva presso la Vigilanza sulle Aziende di Credito o presso il Ministero delle Finanze al tempo di Reviglio o presso l’AIMA (allora si chiamava così) mi consente con qualche non usuale competenza.
    V’è la questione dell’ICI (ora IMU) che necessita di una rivisitazione organizzativa e di un assestamento legale, così come ebbi a segnalare in un articolo pubblicato nel Blog REGALPETRA LIBERA dell’ottobre scorso. Il signor commissario dell’epoca ritenne allora di poter fare lo gnorri. Le Signorie Vostre sono di ben altra pasta per non avere tempo e pazienza di appurare le smagliature che un ex ispettore tributario reputa sussistere nella doverosa imposizione fiscale di questo ente comunale.
    Abbiamo patrimoni archivistici dispersi in vari locali inidonei e non aperti al pubblico. L’importante archivio comunale dell’Ottocento e del Novecento è finito nei locali della signorina Messana, umidi ed abbandonati, col rischio peraltro che gli eredi intentino causa al Comune per inottemperanza del vincolo di destinazione quale risulta dal legato testamentario.
    Per converso, pur disponendo il Comune di un esuberante patrimonio edilizio, si pagano affitti salati, si distolgono edifici prestigiosi, tipo il Macello, per consentire a fatiscenti associazioni solo formalmente no-profit, attività ed utilizzi scarsamente rientranti tra le finalità pubbliche.
    Resta invece misterioso il fatto che si cestinino proposte volte all’integrazione del patrimonio archivistico dello Stato Civile racalmutese – vulnerato dalla rivolta del 1862 – tramite l’interscambio con quello vetusto della Matrice (si veda una mia formale e reiterata richiesta).
    Riaffiora, di tanto in tanto, l’assurdo dispositivo di errati vincoli archeologici. Si pensi che resta vincolata con decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del maggio 1980 la contrada di Pietralonga che appartiene al Comune di Castrofilippo (sic!) e rimane l’astuta inversione tra la sterile altura di Fra Diego e la sottostante radura stracolma di reperti archeologici sicani e non. Scandalosa, per converso, l’assenza di vincoli archeologici nelle interessantissime contrade dello Zaccanello, della Menta e della Noce. I lavori per l’ampliamento della Scorrimento Veloce si imbattono, lì, in ritrovamenti di Stationes di epoca romana e tutto limita ad un improprio assestamento di un angusto lembo di terra.
    Non si comprende cosa si vuol fare ancora per il riassetto del Castello Chiaramontano. Non si sa chi e perché stia lavorando per un progetto di finanziamento per ulteriori due milioni di euro (sempreché sia attendibile la soffiata che abbiamo avuta).
    Va rivisitata la direzione del sedicente Museo colà inventato. Crediamo di poterci proporre per un comitato scientifico ( a mero titolo di volontariato gratuito).
    Altrettanto dicasi per la direzione del Teatro Comunale, la cui ultima composizione è illegittima per le tante osservazioni peraltro regolarmente verbalizzate in occasione del Consiglio Comunale, per la parte di competenza. Il Teatro comunque non dovrebbe servire per accoglienze di compagnie nazionali in cerca di sovvenzioni da parte della Regione e forse dello Stato. Vi dovrebbero avere accesso le filodrammatiche locali come ai tempi in cui Leonardo Sciascia faceva da regista nelle recite di testi di Ugo Betti, nonché quelle dialettali per riproporre, ad esempio, la “Pastorale” di padre Fedele da San Biagio oppure quelle altre che rinnovino tradizioni profondamente paesane quali la recita del Mortorio o Martorio che dir si voglia dell’Oriales. E noi andremmo oltre sperimentando la rappresentazione del testo in dialetto di Antonio Giudice che traduce l’Edipo Re in questa nostra lingua siciliana che non può non scaturire dal DNA discendente dalla colonizzazione greca del V secolo a.C., così come ci cimenteremmo in un’operazione culturale di rilevanza nazionale: proporre sulle tavole del palcoscenico del teatrro di Sciascia la rivalutazione di quel grande drammaturgo nisseno Rosso di San Secondo, cui – al di là delle insulse insolenze di qualche giornalista locale – si dà credito di essere emulo e forse superiore allo stesso Pirandello. Mi domando: perché non debba essere consentito ad uno come me – che il teatro lo ama, che ha vissuto la passione racalmutese della locale istituzione teatrale e che qualche titolo culturale reputa di poterlo vantare – di collaborare GRATUITAMENTE alla valorizzazione di una fondazione racalmutese che tanto costa alla collettività?



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