mercoledì 24 luglio 2013

Versi del dottor Vinci, musica (in prosa) mia,




Io non ho partecipato al corteo in commemorazione di Borsellino: Io ho invitato a non parteciparvi. Io non amo le mascherate clerical-fasciste. Perché? perché non sono clericale; perché sono antifascista. Mi è permesso, no? E per questo sarei colpevole? Chi può giudicarmi. Lascia che i morti seppelliscano i morti, dice il vangelo. I clericali, le clericali che si sono messi a disobbedire alla parola del Biondo Nazzareno? Dicono che conoscono il mio pensiero e quindi mi condannano perché non onorerei una nobile VITTIMA. Ma per me la vera VITTIMA è mio nonno, spappolato da una granata Caporetto e rimasto senza tomba, senza fiori senza neppure n nome su una lapide a ricordo in questo paese clerical-fascista. Buttafuoco l'estate scorsa voleva fare Felice Cavallaro PODESTA' (sic!) di Racalmuto. In subordine, Tanu Savatteri. Noi un grande podestà l'abbiamo avuto: si chiamava dottor Enrico Macaluso. Lo vogliamo onorare? ci sto. Giubilerei il suo nem...
ica: il centurione della MVSN avvocato Carmelo Burruano quello che esaltava il suo cavallo alato, mentre patri Decimu gli gridava: Don Rodrigo!
Sappi fari chissu sulu
l'abbucatu Burru ... culu
prutitturi e paladinu
di la serba d'un parrinu.

 Oh, tremendo dottore Achille Vinci, bitorzoluto galantuomo del Circolo Unione. Sarcasmo micidiale, poeta in vernacolo dal fulmineo verso. Fu privilegio conoscerlo. Non sarebbe possibile, ma per lui si nutriva sconfinata ammirazione senza stima. Chissà come avrebbe deriso i nuovi aspiranti sindaci che dicono di parlare col cuore mentre aspirano agli appannaggi municipali.
Questa fu Racalmuto, meschinella e salace. Anche qui, affetto sommo ma senza né ammirazione né stima. Cara Racalmuto, parlando di te penso a Forstoff, grande teorico delle comunità municipali. Li definisce spazi vitali. E di vitale per chi ha intelletto e volontà ce n'è poco. Si va via, se si è tra i migliori, non perché manca il lavoro, ma perché manca l' spazio arioso. Non ridotto né alla sequela dei bar da Parisi ai locali di Romano, né alla falsa fondazione nell'ex Centrale, né all'ignota ex chiesa di San Sebastiano ove il mio amico padre Puma intruppò i quadri disponibili di Pietro D'Asaro e il buon successore lascia deperire tutto intento alle preci salvifiche, emulo del litaniante papa Cicciu.


 

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