mercoledì 17 luglio 2013

Babbi e piccilidri diu l'aiuta

Che io non sia mai stato profeta nella mia patria, né lo sono, né lo potrò essere è certezza evangelica, parola del Signore, di N.S.G.C. nato morto e resuscitato per la nostra umana redenzione. Pensavo che giunto a quasi quattro ventine di vita avessi diritto ad atteggiamenti rispettosi da ex giovani panciuti e baristi. Niente di niente. Un tripponcino barista mi zittisce pur stando fuori, pur stando a sorbire un suo espresso pagato da un mio lontano affine, perché la mia alta voce per motivi di senescente otite disturbava una sua telefonata. A Racalmuto s'inverte tutto: non è il cliente che ha sempre ragione ma il padrone dell'esercizio ad avere il sopravvento specie se ha torto.
Imbufalito avrei voluto prendermi la rivincita, come dire vendicarmi, chiedendo magari a chi di dovere se erano regolarmente assolti e congruamente gli oneri per occupazione del suolo pubblico, nel caso persino di un marciapiede di passaggio pubblico. Ma tutti a dirmi stai buono, non prendertela con un imbecille, tantu chiddu è babbu, e canone infrangibile di Racalmuto è che babbi e picciliddri diu l'aiuta. E da vecchio devo stare attenta a prendermela con un siffatto onnisciente giudice, per un giudizio particolare subito, universale chissà quando. Fuori in Italia non ho mai ubbidito; al mio paese a Racalmuto ancora: credere ubbidire e combattere. E così ogni volta la prendo in quel posto, in nome della tradizione che dico e predico di voler far rivivere, integra, assurda. impietosa.
 
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