domenica 28 aprile 2013

Nel 1816 i gesuiti a Racalmuto

Nei ponderosi annali della Compagnia di Gesù dell'autorevole padre Alessio NARBONE S.J. la nostra Racalmuto vi ha accesso (ai punti 9-15 del 1816). Torna agli onori della cronaca il glorioso convento di San Giuliano. Sarebbe quello dove avrebbe fatto i suoi primi studi fra Diego La Matina. Ma si sa. credo di avere trovato documenti in Matrice che dimostrano che il La Matina, il diacono giustiziato a Palermo nel XVII secolo, sarà stato tutto ma non racalmutese, almeno non quello dell'atto di battesimo accreditato dallo Sciascia. Per il Narbone nel 1816 a RACALMUTO "si avea un antico convento di Agostiniani, sotto il titolo di S, Giuliano, abolito di già e pressoché demolito". Giunsero dei gesuiti che lo presero per "restaurarlo". Fervida la generosità dei racalmutesi: "chi diede per la fabbrica un'intera proviggione di calce e di gesso". Ma notevole la "generosità dell'abate CALOGERO SALVO CAMPANELLA  che prese per sè l'assunto di rendere quella Casa non solo abitabile, ma per quanto il luogo lo comportava magnifica".
E il padre NARBONE si dilunga nel punto sub 12) a magnificare questo "insigne benefattore". Insomma vi si voleva in quel diruto convento istituirvi una scuola superiore affidata ai gesuiti per i virgulti di questa nuova borghesia, i c.d. galantuomini, che già i proventi minerari facevano sorgere dalle viscere della terra magari a danno della prospera agricoltura come succederà a Gibillini o a li Pantaneddi.
Ispiratore e soprattutto artefice il Vicario Nicolò Tulumello, questo ardito campiere che riuscì a dare un titolo nobiliare alla propria famiglia che noi sappiamo provenire da una fortunata attività pastorizia, come dire che erano pecorari.
Citato un Macaluso, un provicario Carmelo Troisi ed altri personaggi che mi riprometto di meglio scandagliare, così come per gli accenni agli sviluppi della storia araldica della nostra CONTEA, e alle migliorie alla agricoltura locale dei terreni lomitrofi. Intanto riporto qui le riproduzioni delle pagine del Narbone sperando di provocare nuovi interessi storici nella rampante giovane intellighenzia racalmutese che tutt'ora abbonda.

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