domenica 14 aprile 2013

Fuge rumores: se deleteria è la ristrutturazione della rete periferica, al sindato solo il corrucciato silenzio.

La banca d'Italia, per le sue vicissitudini, per i suoi peccati originali insomma, detiene uno strabocchevole patrimonio immobiliare a Roma. Le antiche strutture bancarie ottocentesche, le sapide storielline che possono leggersi persino nei Vecchie Giovani di Piandello, l'essere essa stestata banca normale sino alla legge bancaria, produssero un subentrare in tanti appartamenti romani, e taluni in stabili prestigiosi per "recupero crediti" andati in "sofferenza".
Acuni di questi possedimenti immobiliari hanno fatto storia; pensiamo al Bagaglino, pensiamo all'incantevole palazzo di Fontnella Boghese. Sul suo tetto qualcuno voleva installare una dilagante  piscina, in talune sue suite notai massonici racalmutese fecero fortun; in un inteo secondo piano (o pressappoco) qualche iresistible signora continuò a starci senza titolo per il suo ammaliare funzionarietti bancari.
Quel patrimonio, la banca d'Italia lo riservava ai suoi dirigenti prediletti "nummo uno", per canoni "figurativi". Poi quei canoni divennero un tantinello consistenti, quindi per rispetto di moralistiche leggi si ricorse all'equo canone, poi l'equo canone ebbe le rivalutazioni in alto di legge. Infine ci si adeguò ai canoni di mercato.
Succede che gli eredi di quei funzionari prediletti si trovano ad abitare prestigiosi appartamenti a canoni asfissianti. Con pensioni orbate della clausola oro ed eltri munifici benefici di cui un tempo la Banca d'Italia era prodiga, ora aggirantisi attorno al paio di migliaia di euro, tanti di costoro debbono sopportare canoni poco al di sotto se non pari al doppio migliaio di euro.
Sta succendendo un esodo miserevole. Austeri pensionati della Banca d'Italia e soprattutto vedove, magari private della riverisibilità per essere nelle stesse condizioni della vedova del giudice costituzionale Caianello, fanno fagotto, malinconicamente per non farcela più a stare nei "lussuosi" appartamentei in affitto dell Banca d'Italia. A compraserli, nel rispetto della legge, manco a parlarne per quelle dissennate lievitazioni dei prezzi di mercato.
La Banca d'Italia, a governatorato comunista, è oggi tutta presa del vincolo privatistico di una nomale regola del "costi/benefici". Ma la BCE le impedisce di stampare biglietti in proprio, le impedisce di fare il "risconto sotto fascia", del conto Anticipazione al Tesoro, manco a parlarne: vi fu il celeberrimo "divorzio". Aggiungasi che il conto "parallelo" del "fondo Pensione" ebbe, credo,  a prosciugarsi, per l'inceppo di un acquisto scervellato di titoli Parmalat-Tanzi. Ne gridò allo scandalo un certo Cossiga, ma in cambio di alcuni salamecchi Dagospia non ne parò più.
L'assioma costi/benefici  sta per essere feroce in taluni campi. Ha notevoli ripercussioni sulle retribuzioni sempre più di sopravvivenza della compagine impiegatizia, bandisce le belle strenne natalizie, credo che ha falcidiato anche l'opulenta "befana" per i figli BI. Sta esasperando i sui dipendenti e creando un ribellismo che porta persino ad autolesionisti raporti ispettivi di vigilanza.
Insomma la Banca d'Italia sta andando alla deriva. Si arriva al punto che un direttore generale convoca i sindacati per discutere sulla ristrutturazione della propria "rete" periferia. Ma nel bel mezzo della discussione, arrivano teefonate dalla periferia per chiedere ragguagli su come va applicata questa o quella clausola di una circolare applicativa già diramata.Ai sindacati non resta altro che, indignati, alzarsi ed andarsene.
Ma sono sindacati sooggiagati per finocchiare malie. Uno sciopero non sono in grado di promuoverlo. Già! la teorica di sindacati gialli o ingialliti non ammette in banca d' Italia nient'altro che sdegnosi silenzi. Fuge rumores ora è ridotto a questo.
 

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