mercoledì 6 marzo 2013

La farfalla che non voglio toccare


Grazie Lillo. Il tuo sintetico e perforante dire mi trova, ovvio, consenziente. Ma in un blog ove tutto deve essere CONTRA qualche scisto di dissenso mi deve essere concesso. Se ci riferiamo agli ottomila e più nostri compaesani di eccelso costume, di etica ammirevole, di laboriosità irreprensibile è certo che non innamorato sono ma innamoratissimo. E’ sangue del mio sangue, è sangue del tuo sangue. Figurarsi se non posso e debbo stravedere per loro. Altrettanto valga per i 15 o 20 mila emigrati che hanno potuto brillare in quelli che Forsthoff definisce “spazi vitali”, emigrati non per bisogno o per spinta necessitante ma per esigenze cosmiche che sale e zolfo come dire sapienza intelletto e ardimento da una parte e vivacità creativa e valentia operativa e ingegno dirompente rendevano esiguo il suolo della nascita e come gli antichi loro padri della Magna Grecia si sono sparsi per il mondo per successi invidiati ed invidiabili. Se poi abbiamo attenzione per i milioni di esseri umani che dai proto racalmutesi dell’epoca presicana – oltre otto mila anni fa dicono li giarmaliddri dell’obliato androne della grotta di Fra Diego – mano mano sino ad una o due generazioni che ci precedono e che  hanno calpestato questo arcano suolo del cosiddetto omonimo altipiano, diversificandosi in colore, statura, intelletto ed anche – perché no! – in follia, un patrimonio genetico addotto cioè da innesti delle più disparate civiltà del mondo, se – dicevamo – attenzioniamo questi nostri avi, il cordone ombelicale, l’intimo DDA ci rende orgogliosi e fieri di essere RACALMUTESI.

Se però dobbiamo annettere nel nostro selettivo mondo di racalmutesi anche quei cento o poco più soggetti che rinnegano nome e nobiltà, saggezza antica e la civiltà dei padre, io lo dichiaro  a voce alta: non li amo! Me ne adonto. Sono peraltro anche vili che se hanno fregole - e ne hanno tante – calunniatrici, denigratrici, ostili per l’invidia dei miseri si vanno a nascondere nel vigliacco anonimato; e qualche pur diffuso blog accoglie i loro rigurgiti miserabili non immessi nelle loro pere di giove, o nelle loro esplosioni di inane pazzia o nei loro tentativi baudeleriani dispensando albatri insensi a chi potrebbe insegnar loro a calcare sapientemente le polveri di questa terra non potendo certo invitarli a volare con se, perché piume ed ali non hanno.

Beh! Di costoro francamente me ne fotto. Non ambisco ai loro plausi o riconoscimenti, oltre al tedio mi infastidiscono come certe mosche buttate furtivamente nel piatto di sciasciana memoria. Mi considerino anche supponente. Sono peggio con loro; sono ricolmo di disprezzo.

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